Sono andato a letto tardi
perchè la giornata è stata durissima. Era infatti quasi mezzanotte. Poi, nel
bel mezzo di un sogno agitatissimo, sento bussare alla porta. E’ Fratel
Giancarlo che mi chiama e mi dice che c’è un cesareo.
Che strano che hanno
chiamato lui e non me. Provo ad accendere l’abat jour, ma non succede niente.
Siamo di nuovo senza corrente. A tastoni cerco la pila e mi guardo in giro.
Sono le tre di mattina: la clssica ora “X” in cui non hai ancora dormito
abbastanza e non riprenderai sonno quando tornerai a letto dopo il cesareo.
Guardo il cercapersone che è spento. Sicuramente le batterie si sono scaricate,
e quindi significa che la luce manca da tante ore... ecco la ragione per cui
hanno provato con il cellulare di Giancarlo.
Mi vesto alla luce fioca della
pila e vado al generatore. Il ruggito potente del motore a diesel illumina la
missione ed io mi dirigo verso l’ospedale accompagnato dall’inseparabile Tofi.
Giancarlo è già pronto.
Mi spiace che il rientro a Chaaria per lui sia così intenso che già dalla prima
notte dobbiamo essere in piedi entrambi.
Si tratta di una donna
che purtroppo ha fatto una grave imprudenza: ha provato a partorire a casa,
nonostante il fatto che già aveva due pregressi cesarei fatti in precedenza.
Pratico la spinale con
difficoltà perchè le contrazioni impediscono alla mamma di stare ferma in
posizione, ma fortunatamente il Signore guida la mia mano.
L’anestesia prende
bene, ed al livello giusto.. non troppo alta e non troppo bassa: la donna
respira senza problemi e non ha dolore.
Opero assistito da
Kanana, e mi rendo conto che la situazione è complessa. Ci sono aderenze
causate dagli interventi precedenti e purtroppo le contrazioni hanno già
causato una pre-rottura di utero.
Rimuoviamo il feto il più velocemente
possibile; il colore del liquido amniotico è inquietante, verde scuro e denso
di meconio cremoso come una marmellata; il piccolo però respira e lo affidiamo
all’infermiera di sala parto.
Le complicazioni iniziano
però adesso: ci sono anche due lacerazioni vescicali che richiedono di essere
suturate con attenzione. La donna sanguina e bisogna fare il più presto
possibile, visto che di notte non abbiamo l’anestesista. Pian piano arriviamo comunque
alla fine dell’operazione e tutto va liscio.
Mamma e bimbo stanno bene. Le
parlo con dolcezza e le dico che alla prossima gravidanza non dovrà
assolutamente tentare il travaglio a casa, ma andare in ospedale in precedenza
per un cesareo elettivo. “Mi ascolterà? Dio solo lo sa!”
Purtroppo sono già le
5.30 e tra poco bisogna alzarsi per la messa. Mi viene l’angoscia pensando che
la notte seguente non avrei dormito in quanto avrei dovuto prendere due aerei
per venire in Italia. Spengo il generatore e mi sdraio un po’ sul letto anche
se ho la certezza che non riuscirò assolutamente a chiudere occhio.
L’ultima mattina in
ospedale è caotica e piena di emozioni che prendono alla gola e fanno gonfiare
gli occhi.
Lasciare Chaaria per andare al Capitolo Generale è come partire da
casa e lasciare le persone a cui vuoi bene, il lavoro che ami, i pazienti per
cui dedichi la vita. Lavoro intensamente fino all’una, quasi a farmi
dimenticare il fatto che sto per andare ed insieme per impedire di avere tempo
per i saluti che sarebbero risultati in struggenti momenti pieni di lacrime.
Poi, quando già era ora di salire in macchina per andare all’aeroporto, arriva
una mamma poverissima con una bambina di 10 anno, la quale presenta i sintomi
tipici della peritonite.
“Che angoscia! Se
arrivava anche solo due ore fa avrei potuto aiutarla... invece a quest’ora non
posso più; perderei l’aereo! E poi tanto questo è ciò che succederà da domani
in avanti”.
Con tristezza dico quindi
di mandarla all’ospedale governativo di Meru perchè questo è un tipo di
intervento che il Dr Ogembo non si sente di fare.
Arrivo all’aeroporto con
gli occhi gonfi ed il cuore pesante. Chiamo Fr Giancarlo pochi minuti prima che
chiudano i portelloni dell’aereo verso le 22.30: “abbiamo già avuto tre cesarei
e sto andando a prendere Ogembo per farne un altro”.
Io non posso fare altro
che ringraziare ancora Giancarlo e chiedergli di esprimere la mia riconoscenza
a Ogembo ed a tutto il personale.
La hostess mi invita cortesemente a chiudere il
telefonino.
E’ tempo di resettarmi
nuovamente e di mentalizzare che sto partendo.
Metto nel telefonino la
scheda italiana e chiudo gli occhi mentre l’aereo rulla sulla pista:
“arrivederci Chaaria! Speriamo che questo mese passi in fretta”
Fr Beppe
1 commento:
certo il mese deve passare in fretta ma anche tu fr.beppe devi ricaricare il tuo corpo di nuove energie anche se sicuramente te ne dà il Signore ogni notte durante il sonno perchè io non so proprio come fai ad arrivare a...tutti - tutto. C'è proprio lo Spirito Santo che ti guida e lo preghiamo che ora che non ci sei vegli sulle tue piccole-grandi creature!!
Patrizia (e-mail maidoc@libero.it)(non sono granchè esperta di blog,computer ecc..per cui invio i commenti con anonimo...)
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