venerdì 9 agosto 2013

Nonna Severina


Da alcuni giorni è giunta in reparto nonna Severina tutti la chiamano così perché ha 82 anni, è affaticata, respira affannosamente e lentamente, il cuore è ormai stanco di battere.

Mi reco spesso da lei e la osservo mentre tiene gli occhi socchiusi, ma se le parlo, forse proprio perché non mi capisce, gira il viso verso di me e mi fissa con occhi velati, ma con interesse. La guardo, il suo viso traspare ancora bellezza, in gioventù doveva essere molto bella, inoltre è alta e ancora slanciata, porta al collo due collane, non troppo vistose, le sue orecchie hanno buchi molto grandi, proprio della tribù del Meru, quella alla quale lei appartiene. L’aiuto a mangiare, sul suo comodino ci sono piatti con cibi vari, le offro il passato, ma dopo tre cucchiai mi dice basta. Le chiedo se vuole del Chiai (te con latte), dice no; le chiedo se vuole uccioro (cibo base per loro, tritato di miglio), se vuole magi moto (acqua calda), dice no, se vuole del riso, dice sempre no; poi mi guarda e dice: “tumbacu”, passando un dito sotto il naso e aggiungendo altre parole che non capisco. Chiamo Lidia che sta lavando il pavimento e che capisce un poco l’italiano. “Lidia ho capito bene? La nonna Severina vuole del tabacco da fiuto?” Lidia le parla in Kimeru e conferma quello che ho capito; ha detto: “voglio tabacco da fiuto”.

Ci guardiamo, io sorrido mentre Lidia e tutte le ammalate ridono…….




Ma…..come sempre, questa mattina mi reco da nonna Severina. Sul suo comodino non vi è nulla, né piatti, né bicchieri, soltanto un piccolo involtino rudimentale ma molto ben confezionato con una foglia secca di granoturco , arrotolato, chiuso, a forma di imbutino; lo prendo, lo guardo e con mia sorpresa vedo uscire da un lato del finissimo tabacco da presa dal profumo gradevole.

Quale Angelo può aver deposto questo dono per soddisfare il suo desiderio? La chiamo: “Severina, Tumbacu”, e le porgo l’involtino; si gira, di scatto lo prende nella sua mano che velocemente nasconde sotto le coperte tenendo il pugno stretto e facendo uscire un po’ di tabacco profumato. Non è stato possibile riaverlo. Questa sera l’involtino era stato posto sul comodino, il tabacco era stato usato in piccola quantità.

Il fiato di Severina è molto ansimante, gli occhi socchiusi. L’ho accarezzata, ho rimboccato le coperte e le ho detto: “Ma si gio-gio (nonna), se per te questo è ancora un piacere che la vita può offrirti, allora annusa una presina di tabacco profumato” e….ciao Severina.

17 Luglio – Stamane il letto di Severina era vuoto, nella notte ha lasciato questa terra e il suo fagottino di tabacco; mi sono commossa ed ho pianto nel non vederla; però questa sera in cielo ho contato una stella in più.


 Rosella





PS: alleghiamo una foto di Elisabeth Gacheri. Qualcuno dei lettori la ricorda? Era molto schiva e silenziosa

Fratel Beppe

 

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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