giovedì 22 agosto 2013

Tre addomi acuti nell'ultima settimana

Spesso ci focalizziamo di più sulle nostre sconfitte, ed è più facile ricordare in casi in cui le cose non sono andate come previsto; a volte però è anche necessario far menzione delle occasioni in cui abbiamo fatto qualcosa di utile per la nostra gente, al fine di non cadere in depressione o nella tentazione dello scoraggiamento.
Negli ultimi otto giorni per esempio, io penso di aver certamente salvato la vita di almeno tre persone che erano affette da diverse forme di addome acuto. In tutti i casi citati siamo riusciti ad entrare in sala in tempi brevissimi ed a risolvere situazioni molto complesse con esiti positivi, almeno fino ad oggi.
Il caso di Dorothy è stato molto complicato in quanto lei veniva riferita a Chaaria da un’altra struttura sanitaria, con un sospetto di gravidanza ectopica cronica. 
Ho rifatto l’ecografia pelvica ed in efetti ho visto del fluido nella tasca del Douglas, ed in più anche delle masse a contenuto ipoecogeno che, fuorviato dalla diagnosi di ingresso, ho ritenuto dovute ad ematomi. 
Ho quindi deciso per un accesso addominale di Pfannestield, come di solito si fa per le operazioni ginecologiche. 
All’apertura dell’addome, la situazione è apparsa però diversa da quanto mi aspettassi. Nel Douglas c’era sì del liquindo, ma non era sangue... era bensì pus denso e cremoso. Le masse che io vedevo erano in realtà anse intestinali convolute ed imprigionate in tenaci aderenze. 




A questo punto ho sperato che fosse una PID (malattia pelvica infiammatoria), ma le tube erano bellissime ed apparentemente innocenti. Il pus sembrava provenire da una zona posteriore al cieco, una zona completamente bloccata da aderenze. 
E’ stato quindi necessario incrementare l’apertura addominale con un taglio verticale che mi permettesse una visione migliore. E’ stato molto difficile capire di cosa si trattasse:certamente una peritonite diffusa con aderenze a vario livello dell’intestimo. 
Ma quale fosse l’origine della peritonite è stato un mistero per vari, lunghissimi minuti. Ho staccato il cieco con attenzione ed ho alla fine localizzato una difficilissima appendicite perforata retrocecale con aderenze sia all’ascendente che all’ultima ansa ileale. L’appendicectomia è stata assai difficoltosa, ma siamo riuscito a portarla a termine senza causare perforazioni intestinali. Dorothy è oggi stabile e lascia l’ospedale, ringraziandoci per averle salvato la vita.
Il giorno seguente abbiamo avuto un caso simile in Mohamed, un uomo proveniente da Marsabit. I sintomi erano quelli classici della peritonite diffusa. Dal dolore epigastrico alla palpazione, io pensavo si trattasse di ulcera duodenale perforata. 
L’eco dimostrava infatti liquido libero in addome. Nuovamente siamo entrati in sala con procedura d’emergenza ed abbiamo operato senza sapere bene quello che ci sarebe toccato affrontare; anche per lui la diagnosi iniziale non era corretta: non si trattava infatti di un’ulcera perforata, ma di una terribile forma di peritonite da appendicite perforata retrocecale. 
Mohamed non ha avuto perforazioni intestinali; purtroppo però, una cotenna aderenziale ha causato una breccia nella parete della vescica. Abbiamo fatto l’appendicectomia con difficoltà tecniche simili a quelle incontrate in Dorothy, ed in più abbiamo douto riparare la vescica. 
Anche Mohamed sta andando bene. Ieri gli abbiamo tolto il sondino nasogastrico ed oggi abbiamo iniziato a dargli un po’ di thè e semolino. 
Mi pare che anche lui sia fuori pericolo. Lo dimetteremo tra alcuni giorni, alla rimozione dei punti e del catetere vescicale.
Due giorni più tardi è stata la volta di Gitonga, un uomo sulla cinquantina che, come gli altri, aveva i sintomi classici dell’addome acuto. 
L’unico elemento di rilevo nella sua storia clinica passata era una erniorrafia inguinale destra alcuni anni prima. 
All’intervento ci siam trovati di fronte ad una enorme ernia interna con circa un metro di ileo incarcerato da aderenze, e completamente necrotico. 
Cercando di “srotolare” il volvolo che si era formato, ci siamo resi conto che si trattava di una necrosi dell’ileo che coinvolgeva anche l’ultima ansa. 
E’ stato quindi necessario eseguire un’ampia resezione ileale con amputazione del retto ed anastomosi ileo-colica sull’ascendente. Gitonga al momento sta avendo un post-operatorio normale e pare senza complicazioni.
La chirurgia addominale a Chaaria è ancora agli albori e per adesso legata esclusivamente ad eventi acuti. 
Dobbiamo ancora imparare moltissimo in questo settore, ma certamente, rispetto al passato, anche in tale branca siamo cresciuti, ed un numero sempre maggiore di persone stanno ricevendo aiuto dalla nostra azione medico-chirurgica. 
Di questo ringrazio il Signore e tutti i chirurghi che hanno avuto il coraggio di insegnarmi e di fidarsi delle mie capacità di apprendimento rapido.


Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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