L’epatite A è abbastanza
frequente a Chaaria.
Sappiamo che si solito si
tratta di una forma molto acuta con ittero veramente grave, febbre e diarrea.
Altra cosa che conosciamo dai libri è che solitamente non diventa mai cronica,
per cui in genere la temiamo di meno della B e della C. Quello però che spesso
non ricordiamo è che l’epatite A può essere molto grave e che può portare ad
insufficienza epatica acuta e morte.
A differenza delle
epatiti B e C, la trasmissione non avviene attraverso il sangue ed i contatti
sessuali; si tratta invece di una malattia a trasmissione oro-fecale,
normalmente trasmessa attraverso acqua e cibi contaminati.
Anche in questi giorni ci
siamo trovati di fronte ad una giovane vita stroncata dal virus dell’epatite A
(HAV).
Avevamo fatto diagnosi
una settimana fa: inizialmente il giovane sembrava migliorare e lo abbiamo
dimesso. L’ittero inizialmente si è ridotto drasticamente, ma mercoledì scorso
le condizioni sono nuovamente peggiorate con incremento dell’ittero e con
febbre.
Abbiamo quindi deciso di
ricoverare nuovamente il nostro paziente ed abbiamo instaurato una terapia
reidratante con glucosata, oltre a dargli della colestiramina per cercare di
ridurre la sua bilirubina.
Nella notte di giovedì però il paziente era molto agitato e fuori di
sè.
Abbiamo quindi aggiunto una terapia sedativa con prometazina, che avrebbe anche
aiutato il paziente per un vomito incoercibile e non responsivo al plasil.
Poi il giovane è passato
da uno stato di agitazione psico-motoria ad uno di stupore e precoma.
Abbiamo continuato con le
glucosate.
Stamattina gli abbiamo
messo il catetere per controllare la diuresi: aveva 200cc di urina nella sacca alle
9 e poi non ha più orinato; alle 12 gli abbiamo praticato del lasix endoivena,
temendo che anche i reni si stessero fermando (Insufficienza Renale Acuta?)
Temevamo anche che si trattasse di una encefalopatia epatica.
Saturava 90% in aria ambiente, e gli abbiamo messo dell’ossigeno.
Abbiamo anche inserito un sondino nasogastrico per alimentarlo con del latte e
somministrargli del flagyl per os, al fine di ridurre la replicazione batterica
intestinale.
Nella disperazione volevamo anche somministrargli degli steroidi, come si legge
in molti manuali:
non eravamo in grado di dire se la condizione del paziente fosse dovuta ad
un'epatite acuta fulminante, all'iperbilirubinemia o alla sedazione.
Poi, nonostante tutti i nostri sforzi, quel giovane ci ha lasciati ed è morto
davanti ai nostri occhi sconvolti: un'altra dura lezione da mandare giù, una
brutta sconfitta da incassare
un sacco di domande senza risposta, i sensi di colpa, la realtà da accettare.
Ed un'altra volta un'Africa che ti sostiene e che ti insegna che la vita sta
nel volere di Dio.
Incredibile per noi è stato il fatto che Evangeline della sala operatoria, che
era sua cugina, ci ha sostenuti ed incoraggiati in un momento di sconforto oggi
pomeriggio, alla notizia della sua morte.
A volte invidiamo questa loro forza e questo immenso abbandono nelle mani del
Signore.
Sicuramente la vita per loro qui in Africa è più dura e crudele di quella in
cui stiamo stati cresciuti noi, ma nonostante ciò sanno reagire con una forza
vitale infinita.
Ringraziamo Dio di avere delle persone che ci vogliono bene, e ringraziamo
perchè ce lo dimostrano nel momento del bisogno.
Il paziente era davvero giovane, studente delle superiori, un ragazzo sano,
bello, forte.
La madre aveva già perso il primogenito proprio alla sua età in seguito ad un
avvelenamento.
Essere medici certi giorni è molto difficile.
La responsabilità sulla
vita umana è un macigno enorme.
Fr Beppe e Giulia
Nessun commento:
Posta un commento