martedì 5 novembre 2013

Caroline Wanja

La piccola Caroline ci era stata portata da Sr Anselmia di Nkabune, in quanto la bimba era troppo fragile per essere tenuta all’orfanotrofio.
Con noi è vissuta per sette mesi: ci siamo presi cura di lei e l’abbiamo fatta crescere con dedizione e con amore.
Caroline è sempre stata bene e non ci ha mai dato problemi con l’alimentazione. Fortunatamente non ha mai contratto malaria o altre patologie di rilievo.
Oggi è tornata a Nkabune perchè Sr Anselmina l’ha vista grande e forte, ed ha deciso che ormai avrebbe potuto prendersi cura di lei nella sua struttura.
La partenza di Caroline, nonostante l’inevitabile nostalgia del distacco, è avvenuta proprio nel momento giusto in quanto ieri abbiamo ricevuto un SOS disperato per un orfano appena nato di Maua. I lettini erano tutti occupati, ma abbiamo detto di sì comunque a questo nuovo orfanello.



Certo sarebbe stato il settimo bimbo piccolissimo, e, considerando la situazione del nostro personale, sarebbe stato piuttosto difficile assicurare a tutti un’assistenza adeguata: dire di no comunque non ci è mai passato per l’anticamera del cervello, visto che gli orfani appena nati sono sempre da considerare un’emergenza
Ma la Provvidenza, come sempre, è venuta in nostro soccorso ed ora possiamo accogliere il nuovo venuto senza troppe tensioni da parte del personale.
I nonni ci porteranno il nuovo piccoletto probabilmente domani o dopodomani, e naturalmente ve lo presenteremo subito appena lo accogliamo.
In questo momento il servizio degli orfani è dinamico e vivace: stiamo rispondendo con celerità alle esigenze non soltanto di Nkabune, ma anche di Matiri, di Tuuru e di alcune famiglie private.
Credo proprio che il nostro servizio di emergenza per orfani da zero ad un anno di età sia al momento l’unico disponibile nel Meru, e, proprio per questo, estremamente necessario ed apprezzato dalla gente.


Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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