Erastus è stato trasportato nel nostro
ospedale dalla polizia.
Ha una piccola ferita lacero-contusa sulla
gamba destra.
Il problema è che ci sono frammenti ossei che
spuntano dal taglio: si tratta quindi di una frattura esposta.
Il poliziotto è veloce a dire che si tratta di
un povero che non ha nessuno e che in genere vive di elemosina al di fuori
delle chiese. Per le mie orecchie, ormai avvezze a questi discorsi, il
messaggio subliminale è chiarissimo: “non aspettarti alcun contributo economico
da nessuno”.
“Che cosa è successo?” chiedo io, glissando
l’argomento che mi era stato appena proposto.
“Non conosciamo bene la dinamica, ma pare che
gli sia caduto un pietrone sulla gamba”.
La mia riflessione è molto lineare: se lo
mando altrove, nessuno penserà di operarlo perchè non ha soldi; se non facciamo
l’intervento subito, l’osteomielite distruggerà certamente l’osso esposto ed il
risultato finale potrebbe essere una amputazione o anche una setticemia.
“Ricoveriamolo subito; programiamo per una
lastra e per l’intervento di fissazione interna”.
Il poliziotto vuole essere sicuro di quello
che ha sentito: “sappi che nessuno verrà a pagare, e che noi come istituzione
non possiamo venirti incontro finanziariamente”.
Mi consulto velocemente con fr Giancarlo, pur
conoscendo già la sua posizione anche prima di parlargli: la conclusione a cui
arriviamo è che questa persona è davvero un povero del Cottolengo, uno di
quelli a cui primariamente siamo stati inviati come missionari.
Il Cottolengo ci diceva che, per aiutare chi è
veramente povero ed abbandonato, dobbiamo addirittura essere disponibili a
vendere i calici dell’altare e gli arredi della chiesa.
E’ evidente quindi che noi siamo per il
ricovero a Chaaria.
Se lo mandassimo via, commeteremmo un peccato
gravissimo, secondo la nostra spiritualità.
Insieme a fr Giancarlo dico quindi agli
accompagnatori che accettiamo di fare tutto quello di cui c’è bisogno senza
chiedere soldi a nessuno, perchè sappiamo che nel povero noi incontriamo
Cristo.
“E se questo poveraccio fosse Gesù in persona,
lo manderesti via senza aiutarlo?” chiedo all’ufficiale che evidentemente
apprezza la nostra decisione, rispondendomi con uno sguardo complice e con un
largo sorriso.
Mentre scrivo queste due righe, Erastus è già
operato: gli abbiamo messo viti e placchee nella tibia, ed abbiamo fondata
speranza che ritornerà a camminare come prima, dopo che gli toglieremo il
gesso.
Tra una emergenza e l’altra, oggi, sia io che
Giancarlo non abbiamo pregato molto in cappella; ma entrambi siamo nella pace,
perchè Gesù lo abbiamo incontrato ugualmente, e non gli abbiamo chiuso il
nostro cuore.
Fr Beppe
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