venerdì 22 novembre 2013

Trasferiti al Centro

Del ragazzo abbandonato in ospedale non sapevamo neppure il nome, ed abbiamo quindi dovuto dargli un nome noi stessi. Abbiamo deciso di chiamarlo George, in ricordo del nostro ospite George recentemente scomparso. Per il secondo nome abbiamo optato per Mwenda, che significa persona amorevole. George Mwenda è quindi ora il suo nuovo nome.
John Kiberenge, dopo un fallito tentativo di reinserimento in famiglia, è stato ricoverato in ospedale per lungo tempo, in attesa di un posto al Centro.
Ora per entrambi si è aperta una possibilità, usando la stanza che per un certo periodo era stata usata per gli orfanelli, quando li avevamo trasferiti al Centro.
Gli orfanelli erano poi stati ritrasferiti in ospedale soprattitto per mancanza di personale durante la notte. 



Dopo lunghe riflessioni ci è sembrato economicamente non proponibile assumere due nuovi dipendenti per coprire i turni della notte per gli orfani. Il consiglio di amministrazione della missione ha dunque deciso di tenere gli orfani in ospedale, anche perchè, grazie ad una rinnovata collaborazione con l’orfanotrofio di Nkabune, normalmente la loro presenza da noi non supera mai i 6-8 mesi.
Gli orfani al momento sono in pediatria, dopve sono assistiti sia dal nostro personale ospedaliero e sia dalle mamme degli altri bambini.
La camera dai Buoni Figli che era stata approntata per loro, è ora stata donata a George e John che entrano a far parte effettivamente della nostra grande famiglia dei Buoni Figli che ad oggi conta 52 membri.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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