venerdì 8 novembre 2013

Il nuovo orfanello


E' arrivato oggi. Lo vedete in braccio alla nonna, davanti all'ufficio di fr Giancarlo.

Sembra piccolissimo perchè è abbastanza denutrito, anche se è nato a giugno. Ha quindi quasi cinque mesi, ma ne dimostra forse uno o due.
In realtà era nato pretermine, ad otto mesi di età gestazionale. Anche da questo punto di vista è quindi partito svantaggiato.
Ricordo bene il caso: era una donna con una forma gravissima di ipertensione in gravidanza. Non riuscivamo ad abbassare la pressione in alcun modo, e la paziente cominciava a complicare con crisi epilettiche subentranti. 
Abbiamo quindi deciso per un cesareo di emergenza su bimbo prematuro, al fine di salvare la vita di entrambi: se la mamma fosse infatti morta di ipertensione, anche il bimbo nel suo grembo se ne sarebbe andato in Paradiso.
Il cesareo è andato bene, e, nonostante il peso un po' basso alla nascita, il bambino ha sempre dimostrato una bella vivacità.
Abbiamo dimesso la donna in terapia ipotensiva, dicendo di tornare alle visite di controllo: lei naturalmente non ha capito la gravità della sua situazione, non è mai venuta agli appuntamenti, ed a ottobre è morta a casa per complicazioni legate all'ipertensione, che lei aveva in effetti cessato di curare da molto tempo.



Il padre ci ha quindi portato questo maschietto che ancora non è stato battezzato. Per ora conosciamo solo i suoi nomi tradizionali: si chiama infatti Gituma Mbaabu.
Staremo con lui per vari mesi, finche sarà forte e sano... solo allora lo ridoneremo al suo papà.



Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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