sabato 9 novembre 2013

Piove sempre sul bagnato

Sembra un gioco di parole, visto che è iniziata la stagione delle piogge e le strade sono ormai una poltiglia rossa di fango.
In realtà io non mi riferisco solo all'acqua che cade dal cielo tutti i giorni, non in goccioloni, ma a secchiate! Penso un po' alla situazione generale di Chaaria, una situazione che potrei chiamare di continua emergenza, o per una ragione o per l'altra.
Ieri notte per esempio abbiamo finito con due cesarei a mezzanotte, ed anche ora scrivo il blog dopo le 23 perchè arrivo dalla sala operatoria.
Oggi abbiamo operato tutto il giorno pur essendo sabato, ma a tutta la stanchezza tipica di un lavoro martellante di giorno e di notte, si è aggiunto il fatto che due su tre delle pompe dell'acqua sono rotte.
Funziona solo la pompa più vecchia e più piccola, che da sola non riesce davvero a soddisfare i fabbisogni della missione: abbiamo quindi sospeso tutte le pulizie non essenziali, privilegiando sala operatoria, sterilizzazione e lavanderia. 



Dalle 18 però, nonostante questi accorgimenti, i nostri rubinetti erano asciutti: niente doccia dopo la sala; nessuna possibilità di fare il bucato o lavare i piatti; anche in sala ci siamo lavati con acqua dalle bottiglie che avevamo in frigo... e, siccome piove sempre sul bagnato, stasera durante l'ultimo cesareo, è mancata la luce: quindi anche la piccola pompa non potrà funzionare durante la notte quando spegnerò il generatore.
Speriamo che domani ci sia la luce anche per poter pompare un po' d'acqua, e che i tecnici di Nairobi mantengano la parola dataci e vengano a riparare i guasti.
Pensateci un po' in difficoltà.

fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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