martedì 3 dicembre 2013

La giornata per l'AIDS

La preparazione è stata impegnativa. Idealmente avremmo dovuto organizzarla il 1° dicembre, ma, essendo domenica, non è stato possibile. 
Abbiamo quindi deciso per il martedì, mando la densità dei pazienti in ospedale è un po’ ridotta: già da ieri pomeriggio abbiamo allestito degli scatoloni contenenti guanti, alcool, materiale di laboratorio, kits per i test HIV, materiale didattico per la formazione, ed abbiamo caricato tutto sull’ambulanza. 
E’ stato Giancarlo a portare il peso di questa fase logistica, ed infatti ha finito di lavorare alle 23.
Stamattina poi, appena prima della partenza per i tre villaggi identificati, si è messo a piovere, rendendo il viaggio in macchina decisamente rischioso e scomodo. L’autista di oggi era ancora Fr Giancarlo che comunque è riuscito a pilotare l’automezzo fino a Kaare senza mai impantanarsi nel fango.
Un pallido sole è apparso verso le 11 e la gente è affluita alla nostra postazione in buon numero. 



Fortunatamente il bel tempo è continuato con bel solleone pomeridiano, ed i nostri operatori hanno potuto estendere la loro azione a domicilio, andando per il “counseling and testing” di casa in casa, accompagnati dagli anziani della zona. Non sarebbe infatti stato possibile essere accolti nelle abitazioni della gente senza un’adeguata preparazione precedente all’esercizio di oggi, e senza la fattiva collaborazione delle autorità locali. 
Il nostro team ha offerto counseling e test HIV ad un numero veramente significativo di persone e soprattutto ha nuovamente sensibilizzato tutti su importanti temi legati alla prevenzione dell’infezione. 
Il target richiestoci da Sant’Egidio era di riuscire a testare almeno 75 persone, mentre noi abbiamo potuto eseguire 99 test. Di questi soltanto tre sono risultati positivi... una percentuale quindi inferiore al 3%.
In serata ci siamo ritrovati tutti in ospedale per un incontro di valutazione dell’esperienza (la prima da noi realizzata con la collaborazione di DREAM-Sant’Egidio). 
La giornata odierna ci è sembrata molto positiva e ricca di frutti; abbiamo cambiato il baricentro della nostra azione di servizio: non più l’ospedale al centro ed i pazienti che si devono spostare verso di esso, ma noi dell’ospedale che andiamo fuori, verso i malati, e li cerchiamo direttamente nelle loro case.
E’ un messaggio importante di apertura al territorio e di vicinanza alla gente. Con l’aiuto di Sant’Egidio speriamo di poter moltiplicare queste cliniche mobili al fine di raggiungere villaggi sempre più remoti e sprovvisti di servizi sanitari.
Colgo ora l’occasione per reiterare il mio grazie a tutti coloro che hanno reso possibile la clinica mobile di oggi: prima di tutto grazie a Sant’Egidio che ne è l’ispiratore e lo sponsor; grazie al nostro clinical officer Martin ed al personale DREAM di Matiri, i quali si sono coodinati nel modo migliore per rendere la giornata di oggi un vero successo; grazie a fr Giancarlo per l’insostituibile sostegno logistico; grazie ai “peer educators” del nostro ospedale che si sono resi disponibili a donare la loro testimonianza di persone che sanno sopravvivere positivamente nonostante il fatto di essere sieropositivi; grazie al nostro personale infermieristico e di laboratorio che ha sacrificato il giorno di riposo per partecipare a tale esercizio; un sentito ringraziamento infine a Mr Edward Kithae, responsabile dell’igiene pubblica e della profilassi nella nostra area, per il sostegno e la collaborazione offertici.

Fr Beppe Gaido



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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