“Ha partorito bene?”
“Sì, è andato tutto benissimo ed il parto è stato molto
veloce. La mamma infatti ha già avuto altre gravidanze!”
“Quanti figli ha?”
“Non lo so, ma adesso glielo chiedo”.
La domanda non è semplice e la risposta ancor più difficile
da comprendere perchè mi devo cimentare con le mie limitatissime conoscenze di
kitharaka. Ma alla fine arrivo a capire:
“Questo è l’undicesimo parto...”
Non riesco a concludere la frase perchè il mio interlocutore
mi interrompe bruscamente, dicendo con una punta di sufficienza: “unidici?!
E
magari ne vuole ancora? Ma come si fa! Non c’è nessuno che le insegni un po’ di
panificazione delle nascite?”
“Anche io una volta la pensavo come te, perchè ero pieno di
idee occidentali sulle famiglie piccole, sulla pianificazione delle gravidanze
e sull’adeguato spazio in anni tra un figlio e l’altro, in modo da prevenire la
malnutrizione.
Anche io pensavo che è meglio avere pochi figli in modo da poter
dividere tra loro le poche risorse economiche della famiglia e magari poter
offrire loro una formazione scolastica che arrivi anche oltre le scuole
superiori. Con pochi figli, li puoi far studiare. Se ne hai troppi, rischi di
lasciarli tutti senza un titolo di studio. Poi però, con il passare degli anni
ho visto quanti figli muoiono a queste povere donne... Apetta; le faccio una
domanda più specifica”.
“Mamma, quanti dei tuoi bambini sono vivi?”
Lei mi risponde che
ha cinque figli viventi: gli altri sono morti per cause diverse nel corso dei
primi anni di vita.
“Vedi, caro amico, forse una delle risposte la troviamo già
qui. La mortalità infantile in questa parte del mondo è ancora elevata, e le
mamme davvero non possono prevedere quanti dei loro figlio potranno arrivare
alla vita adulta. Magari partorisci undici volte, ma solo pochi dei tuoi
bambini potranno diventare grandi e sposarsi. Ha mai visitato le nostre
campagne? Hai mai visto quelle capanne isolate in mezzo al nulla? Non pensi che
avere tanti bambini che poi crescono, possa essere anche una certa sicurezza
per i genitori: protezione dai banditi e dagli animali selvatici; aiuto nella
coltivazione dei campi nel caso dei maschi ed aiuto casalingo alla mamma per le
femmine... e poi un sostegno durante l’età anziana?”
“E poi nelle capanne non hanno la televisione!”, mi ripete
il mio amico con la solita punta di disapprovazione leggermente sacente.
“Questo è un luogo comune che sentivo ripetere anche in
Bosnia, quando alla fine della guerra, portavamo aiuti umanitari dei paesini
sperduti della provincia di Mostar. Ma non credo che sia così. E’ una cultura
diversa, una cultura che pone molta importanza nella discendenza numerosa.
Qui
in Africa, i figli sono sempre il dono di Dio più grande... E poi, più passano
gli anni e più mi rendo conto che forse hanno ragione loro: questa è una
società giovane, che guarda al futuro con speranza; le strade brulicano di
bambini e di giovanissimi. La cultura occidentale, a causa di un certo svilimento
del valore della maternità, oppure con il mettere la carriera prima dei figli,
dove ci ha portati: ci si sposa sempre più tardi e spesso non si vogliono
figli; ciò ha creato nazioni con crescita demografica zero, contesti sociali in cui il peso economico degli anziani diventa sempre più
gravoso sulla classe lavorativa, che è tassata all’inverosimile per assicurare
la pensione ad un numero sempre più elevato di persone. Sì, penso proprio che
abbiano ragione loro ”.
Fr Beppe Gaido
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