lunedì 16 dicembre 2013

Situazione estrema in ospedale

Ieri era domenica, ma non c’è stato un minuto di riposo, nonostante il fatto che il clima fosse piovoso al mattino e quindi le strade abbastanza difficili.
A causa della paralisi degli ospedale governativi, i malati afferiscono a noi in frotte: la parte dell’ospedale che sta portando il peso più grande dello sciopero è certamente la maternità..
I parti sono a ritmo continuato per 24 ore al giorno. Abbiamo dovuto aggiungere una terza barella in sala parto perchè molte volte le nascite avvengono in contemporanea.
C’è un’impennata anche nel numero di cesarei, e ieri abbiamo stabilito un nuovo record: 12 cesarei in 24 ore, di cui tre durante la notte. 
Essendo domenica il personale era ridotto al minimo, ma abbiamo veramente lavorato sodo per tener dietro al flusso continuo di gravide, sovente mandate qui anche da altri dispensari missionari in quanto già afette da complicazioni e quindi candidate alla sala operatoria.



E’ stata veramente dura anche star dietro alla sterilizzazone: ancora una volta la Provvidenza ci ha assistito perchè, all’ultimo cesareo, avevamo finito anche i teli verdi sterili per fare il campo operatorio. 
Proprio a questo punto però si è verificato un rallentamento dei ricoveri che ci ha permesso sia di lavare e sterilizzare il materiale, e sia anche di riposare un po’ di notte.
Oggi, come tutti i lunedì è stato massacrante, sia con i pazienti ambulatoriali (abbondantemente più di 350), sia con le emergenze (oggi ben due addomi acuti e due fratture di femore), sia in sala parto.
Sono le 22.30 e sono ancora senza cena ed in ospedale, con la speranza che non arrivi un’altra emergenza, perchè non ce la faccio proprio più


Fr Beppe


1 commento:

Anonimo ha detto...

non ho parole per commentare...non vengono proprio, leggo il post e resto attonita...solo preghiere di sostegno perchè il Signore Gesù effonda abbondante lo Spirito Santo su tutti voi
Patrizia


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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