mercoledì 11 dicembre 2013

Una vera chicca


Oggi sono assolutamente pressato dal fiume di pazienti che continuano ad arrivare in ospedale. La mia testa è dolente ed insieme è abbastanza piatta a causa del superlavoro. Mi trovo nell'incapacità di scrivervi grandi cose perchè oggi non ne sono capace. 
Inoltre mi aspetta altro lavoro ed altri pazienti dopo aver mandato il post.

Non voglio però saltare il nostro appuntamento quotidiano con i lettori, anche solo per ripetervi che siete nei miei pensieri e che scrivere il blog per me è una necessità di amicizia e di comunicazione. 
Se saltassi, mi sentirei in colpa, e la mia giornata sarebbe in qualche modo mancante. Grazie quindi a tutti voi che mi leggete anche quando sono stanco e forse non vi dico molto.
Ecco quindi che oggi, incapace di raccontarvi altre storie dei nostri pazienti, vi mando tre bellissime foto di un fiore che è abbastanza raro contemplare.
E' il fiore di papaya: è difficile vederlo perchè dura pochissimo prima di sfiorire, e poi anche perchè la papaya normalmente diventa altissima in cerca dei raggi del sole prima di produrre i primi frutti. 



Bisognerebbe quindi osservare la piccola chioma con la testa in su... cosa che raramente facciamo a causa della fretta.
Fotografare questo fiore è stata una vera chicca. Per me è la prima volta che riesco a vederlo in tutti questi anni che sono rimasto a Chaaria.
Pensateci stremati a causa dello sciopero... ma contenti di esserci in questo momento di emergenza per la povera gente che non sa dove andare per i problemi di salute.



Fr Beppe






1 commento:

Anonimo ha detto...

che meraviglia!Papa Francesco ci richiama alla tutela della natura e delle creature specialmente quelle più piccole...dovremmo essere custodi del creato, prendercene cura, custodi dei bambini, degli anziani, dei più deboli: fare questo è iniziare a costruire il Regno dei Cieli... come fate già voi,fr.Beppe che stai lavorando per questo. Coraggio!!! :-)))speriamo che lo sciopero finisca presto!!!
patrizia maidoc@libero.it


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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