lunedì 20 gennaio 2014

A Matiri da Rita

Ieri pomeriggio i volontari sono andati a Matiri Mission a fare una visita di cortesia alla nostra amica Rita Drago. Ci sono andati con Simon che li ha condotti attraverso le strade sterrate con la sua solita maestria.
Sono partiti alle 12.30, per non dare a Rita l’incomodo di preparare loro il pranzo.
E’ stato per tutti un bellissimo pomeriggio: Rita è stata accoglientissima come sempre, ed i volontari hanno visto un’altra porzione del Tharaka.
La natura selvaggia e belissima li ha certamente conquistati, ma devo dire che essi hanno soprattutto ammirato la dedizione e l’entusiasmo di Rita per i suoi orfani, nella stupenda casetta che lei ha per loro costruito.
Per alcuni è stata anche una rimpatriata in quanto erano stati a Matiri come volontari molti anni prima.
I nostri volontari hanno anche avuto l’opportunità di visitare il Sant’Orsola Hospital, la parrocchia e le opere parrocchiali portate avanti dalle suore polacche.



Anche la gita di ieri è stata per loro un tuffo nell’Africa vera: quella dura, quella della povera gente che non ha soldi per pagarsi le cure ospedaliere e lavora sodo per poter avere qualcosa da mangiare.
Siccome poi molti nostri pazienti afferiscono a Chaaria anche da Matiri, i volontari si sono resi conto di quanta strada i malati debbano percorrere per raggiungerci.
Alle sera avevano tutti la schiena rotta per le buche sulla strada e gli scossoni del fuoristrada; io ho solo detto loro: “pensate quando su un matatu trasportano una mamma per un cesareo! Sentirà certamente più male di voi”.
Rita è sempre stata per me il modello del vero missionario, il missionario che avrei voluto diventare: dopo 31 anni a Matiri, Rita non perde il suo fascino trascinante, e tutti i volontari sono stati colpiti dalla sua statura morale e spirituale.


Fr Beppe


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....