venerdì 10 gennaio 2014

Chaaria dietro le quinte (terza parte)

“Che buoni che sono questi mango, veramente deliziosi!”

“Banane così te le sogni in Italia: qui ci sono almeno 5 tipi diversi di banane e tutte sono dolcissime. In Italia sembra di mangiare acqua!”

“Squisito il latte a Chaaria: davvero appena munto. Sarà anche non-scremato, ma il sapore è inavvicinabile”

“La carne dei polli è davvero buonissima: polli ruspanti di cortile, come tantissimi anni fa in Italia!”

“Il vostro orto è bellissimo e l’insalata appetitosa. Gli zucchini poi sono più buoni che in Italia...”
Eh già!
Chaaria è anche una fattoria che da anni cerca di dare un’autosufficienza ai bisogni alimentari della missione. Non ci siamo ancora riusciti, ma certamente la “shamba” ci assicura circa l’80% del cibo che consumiamo.
La produzione agricola, in gran parte costituita da granoturco e fagioli, dipende molto dall’andamento delle precipitazioni: quest’anno per esempio il raccolto del granoturco sarà molto scarso perchè ha piovuto molto, ma per un tempo troppo limitato. 



Ecco quindi che il mais è diventato altissimo, ma poi le precipitazioni sono cessate prima che si formasse la pannocchia.
La produzione di frutta ed ortaggi è invece diventata più stabile in quanto abbiamo realizzato un sistema di irrigazione con acqua del fiume che riesce a coprire gran parte delle aree coltivate a frutta, ora produttive tutto l’anno: abbiamo banane, papaya, avocado, aranci, frutti della passione, guava, mango e qualche volta anche more.
La parte zootecnica è stata razionalizzata molto, ed in genere teniamo le mucche solo fino a quando producono latte: in seguito le macelliamo, evitando di comprare carne all’esterno. Qualche volta riusciamo a vendere anche alcuni vitellini, se la popolazione di Chaaria ce li chiede e se le nostre mucche riescono a concepire.
Abbiamo un certo numero di maiali che nutriamo con tutti gli avanzi della missione: li accoppiamo sovente in modo da avere molti porcellini che poi vendiamo alla gentedel vicinato. Macelliamo anche il maiale quando è vecchio.
Il pollaio è gestito in maniera assai simile: compriamo i pulcini piccolissimi e li facciamo crescere; teniamo polli, galline ed anatre finchè fanno le uova, e poi li macelliamo per la missione. Abbiamo anche dei tacchini, per altro utilissimi per proteggerci dai serpenti.
Nella shamba abbiamo anche alberi che, quando abbastanza cresciuti, ci servono come materiale da costruzione o come legna da ardere: se tagliamo un albero, subito ne ripiantiamo un altro.
Ecco quindi che Chaaria, come fattoria costituisce un altro di quegli aspetti nascosti in cui sono impegnati Fr Giancarlo e tanti uomini invisibili che però lavorano tutti i giorni perchè la missione abbia il cibo necessario per il sostentamento di tutti i suoi abitanti.
Anche agli umili lavoratori della shamba ed a Fr Giancarlo che li coordina, va la riconoscenza di tutti noi che ci rendiamo conto di come il lavoro in sala operatoria possa certamente essere più appariscente, ma sicuramente non più importante di quello che qualcuno compie tutte le mattine quando va a mungere perchè i malati possano avere del latte da bere.

Fr Beppe 

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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