giovedì 23 gennaio 2014

I nostri eterni problemi elettrici

Ieri pomeriggio nuovamente manca la corrente, come di solito nell’ultima settimana. Dopo circa un’ora, vedendo che la connessione non viene ristabilita, ci decidiamo a chiamare i tecnici, informando che l’ospedale è senza corrente a motivo del fatto che manca una delle tre fasi.

I tecnici della compagnia elettrica statale (KPLC) sono in effetti molto gentili; ammettono di non sapere del problema ed promettono di mandare la squadra dell’emergenza a controllare la linea tra Meru e Chaaria. Intanto arrivano le ore 18.30 ed ancora siamo in generatore.
La squadra di tecnici però in effetti viene ed controlla anche l’ultimo trasformatore che abbiamo nella nostra shamba: “la linea è a posto... il problema è vostro; dovete chiamare un elettricista!”
Naturalmente, per la solita legge secondo cui la sfortuna non è affatto cieca, il nostro tecnico specializzato oggi è a Nairobi per far risistemare il distributore di alotano della macchina per l’anestesia. 
Lo contattiamo comunque, anche se sta guidando ed è ancora lontano. Ci dice di provare ad attivare il by pass e di escludere i generatori.



Facciamo la manovra ed in un primo momento siamo molto contenti perchè il pannello elettrico si illumina e nella stanza di controllo si accendono anche i neon.
Io e Giancarlo siamo un po’ rilassati e pensiamo che sia una buona cosa affrontare la notte con l’energia elettrica, anche se ovviamente non potremo usare i generatori ora by-passati.
“Se c’è un cesareo urgente, lo faremo nella sala grande in cui abbiamo un generatore autonomo in automatico”.
Arrivati in ospedale ci rendiamo però conto del problema: abbiamo solo due delle tre fasi, e, per la stessa legge della iella, il dispensario, i reparti e la nuova sala operatoria sono tutti connessi sulla fase che ora è fuori uso: il risultato è che abbiamo la luce dai Buoni Figli, ma non in ospedale. 
Decidiamo di andare avanti fino al mattino con i pannelli solari e di azionare il generatore della sala nuova solo in caso di cesareo urgente... per le lavatrici e la sterilizzazione ci penseremo domani.
Siccome però la sfortuna che ci vede benissimo, veniamo chiamati all’una di notte per un cesareo. Mi alzo io per primo: bisogna azionare manualmente il generatore della nuova sala per poterci vedere qualcosa, preparare la sala stessa e poi trasportare la mamma.
Lavoriamo con alacrità con i volontari e con Giancarlo, ma tutti questi problemi elettrici fanno sì che il cesareo duri mezz’ora in più del normale.
Poi si deve aspettare che le ragazze puliscano la sala dopo l’operazione, per essere pronti nel caso in cui arrivi una nuova emergenza... e quindi si attende resistendo alla stanchezza, e poi si spegne nuovamente il generatore.
Riprendere sonno alle 2.30 del mattino, con un sacco di adrenalina in giro per l’organismo, non è la cosa più immediata, e normalmente fai la lotta con le lenzuola per molte ore, prima di trovare una posizione da cui tu possa perderti tra le braccia di Morfeo. 
Ed ecco che la sveglia del mattino è spietata: suona sempre nel momento esatto in cui ti pare di aver appena preso sonno. E’ dura alzarsi, ma bisogna andare a pregare e poi precipitarsi in ospedale perchè oggi è giovedì e c’è lezione: “la faremo lo stesso, in quanto proiettore e computer portatile possono entrambi funzionare con i pannelli solari”.
La presentazione va benissimo. Oggi parliamo di addome acuto nel bambino e tutti sono attentissimi perchè si tratta di un argomento di cui tutti sappiamo poco e facciamo molti errori. 
Veniamo però interrotti dieci minuti prima della conclusione per un cesareo urgente. Si ripresenta il problema: i tecnici hanno trovato il guasto, ma non sono ancora riusciti a ripararlo. Facciamo come stanotte: avviamo il generatore piccolo ed operiamo nella sala nuova. 
Peccato perchè oggi la lista è lunghissima e pensavamo di usare le due sale in contemporanea... ma davvero non si può in quanto la sala vecchia è ancora priva di energia.
Tutto il resto dell’ospedale è fermo: il dentista può fare solo estrazione con il “solar”, mentre in laboratorio possiamo semplicemente fare della microscopia.
Sono momenti molto tesi, in cui però non ci lasciamo scoraggiare: infatti alle 11 del mattino i nostri tecnici riescono a sostituire il cavo che era bruciato, l’ospedale si illumina e ricomincia a correre in modo da recuperare il tempo perduto. Nonostante tutto finiamo la seduta operatoria alle ore 22.
Ora incrociamo le dita e speriamo che la luce non se ne vada nuovamente.

Fr Beppe Gaido



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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