venerdì 31 gennaio 2014

Siccità

Quest'anno le piogge sono state più brevi del previsto ed in molte zone del Kenya sono state del tutto insufficienti. 
Come sempre le parti più colpite sono quelle del Nord ed alcune aree della costa.
In molte regionii del Turkana già c'è la fame, un appuntamento che per quelle popolazioni è costante tutti gli anni. Nel Turkana gli abitanti sono poverissimi e nomadi, e nuovamente non hanno da mangiare.
I giornali in questi giorni si chiedevano: quando ci sarà autosufficienza alimentare in Kenya?
Nel Meru noi siamo fortunati perchè i campi sono verdi ed avremo un raccolto di granoturco a febbraio, sebbene molto più magro di quello che ci saremmo aspettati a motivo del fatto che le piogge sono cessate proprio quando iniziava a formarsi la pannocchia, che ora è piccola e
semi-vuota. 



Nel Turkana però gia non hanno da mangiare. Ci sono notizie di famiglia che già hanno dovuto mangiare dei cani (di cui quella popolazione è ricca a motivo della vita pastoralizia). A Marsabit, città del nord sulla via che conduce all'Etiopia già c'è una acutissima carenza di acqua. 
Nel Tharaka l'erba comincia a scarseggiare, ed a Chaaria iniziamo a vedere i pastori che vengono a foraggiare le loro mucche lungo il corso dei nostri torrenti.
Non aspettiamo le piogge fino ad Aprile, e non ci sarà il secondo raccolto fino a luglio.
Per molti nostri fratelli più sfortunati, lo spettro della fame durerà quindi ancora molto a lungo.

Fr. Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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