martedì 4 febbraio 2014

E' come un'eco che ti rimane in testa

Dopo un mese a Chaaria ci vuole sempre qualche giorno per ritrovare l’equilibrio; è un poco come smaltire una sbornia, un salto emotivo, culturale, affettivo ed anche climatico, addirittura cronologico: vedi e vivi situazioni che appartengono ad un nostro passato.
Ogni volta ti porti via qualche cosa, nuove informazioni, rinnovate consapevolezze ed anche molte domande. 
Nelle mie prime esperienze in Africa pensavo che il volontariato andasse comunque bene, pensando: “piuttosto che niente piuttosto” ma mi sbagliavo di grosso.
Lavorare in una situazione così diversa, a volte estrema è difficile e qualche volta chi non si adatta rischia di essere un problema e non una risorsa. 
Questo non dipende dalle capacità professionali o dalla sincerità e dalla buona volontà della persona, ma dal comprendere la complessità dell’ambiente in cui ci deve inserire. Chi arriva per la prima volta a Chaaria vede un Ospedale relativamente piccolo secondo i nostri criteri, essenziale, spartano e può pensare che sia sostanzialmente semplice da capire e da gestire ed invece non è così. 



Per esempio l’orario di inizio delle attività è condizionato dalle distanze che devono percorrere, a volte a piedi da lontano, i dipendenti del turno diurno o dei servizi e quindi possibilmente dopo il sorgere del sole: la notte può essere veramente nera e buia all’Equatore. Analogamente il cambio di turno deve tener conto delle stesse esigenze.
Anche i malati arrivano quando e come possono: a piedi, col matatu con i mototaxi in bicicletta: gli ambulatori iniziano con l’arrivo dei pazienti e finiscono dopo l’ultima visita. Vi sono poi le variazioni stagionali, quando piove forte e le strade, non asfaltate, diventano pantani scivolosi. 
La programmazione della Sala Operatoria deve tener conto della presenza di uno o due Anestesisti, della disponibilità (limitata) di set di ferri chirurgici, dalla possibilità di seguire contemporaneamente in reparto decorsi complessi. Il programma stesso è quotidianamente scombinato dalle urgenze, tagli Cesarei, gravidanze extrauterine, ferite da panga, traumatizzati di vario tipo. 
Ma, tutto sommato, nelle attività chirurgiche si coglie meglio la crescita dell’Ospedale: la nuova Sala Operatoria, i lavori in corso della Maternity i nuovi strumentari ortopedici, la presenza di uno staff stabile sono elementi molto evidenti.
Per gli Internisti e gli Infermieri la vita è più dura: patologie in parte diverse e poco note, diagnostica limitata, modalità diverse di lavoro, pazienti medici, chirurgici, ortopedici mescolati, con continui cambiamenti di letto: è un bel mal di testa e ci vuole tempo perché passi. 
Se per il Chirurgo la Sala Operatoria è come l’utero materno, forse per l’Internista e l’Infermiere il reparto è un mare in burrasca. 
Ci vuole tempo, molto tempo. Non è facile trovare soluzioni ma dobbiamo provarci tutti insieme, nelle Associazioni, nei rapporti di reciproco ascolto con Fr. Beppe e lo staff di Chaaria nel confrontare le diverse esperienze e sensazioni che ogni Volontario ha. 
Chaaria ha bisogno di tante cose, denaro, idee, supporto culturale, coinvolgimento. 
Chi c’è batta un colpo. 

Max


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....