venerdì 7 febbraio 2014

Grazie di cuore al Prof. Corsini ed ai suoi studenti


Carissimo Professore e carissimi studenti,

la lettera attuale (tradotta in Italiano da Fr Beppe) vuole essere un semplice ringraziamento che vogliamo rivolgervi per il continuo sostegno che date a tante persone poco agiate come noi.
Come vedete, siamo tutte in uniforme scolastica e siamo tutte allieve della scuola secondaria. Siamo quindi studenti come voi!
Anche andare a scuola e' per noi un privilegio, e certamente non ce lo potremmo permettere se i nostri genitori non fossero stati aiutati da altri "samaritani"che ci stanno pagando le rette scolastiche.
Da tempo avevamo problemi di vista che si traducevano in basso rendimento scolastico ed in tanta cefalea per noi. Leggere era una fatica. I professori ci dicevano che eravamo pigre, ma poi siamo venute a Chaaria e Joseph, visitandoci, ha scoperto che sia la cefalea che il poco rendimento erano in effetti dovuti a problemi di vista.
Ora, grazie alla vostra generosita', possiamo avere gli occhiali. Vi assicuriamo che vanno benissimo e che ci vediamo perfettamente.
Grazie davvero di cuore per la stupenda iniziativa che la vostra scuola sta portando avanti da tanti anni per dare un paio di occhiali a chi non se lo potrebbe permettere.



Joseph (il nostro oculista) ci ha fotografate e ci ha chiesto di essere le ambasciatrici di tantissime altre persone che avete reso felici e confortevoli in questi anni.
La lettera e' quindi firmata da tutti i pazienti oculistici che da voi hanno ricevuto un paio di occhiali e che con queste poche parole vi dicono il loro grazie.
Contate sulla nostra preghiera.



I vostri malati di Chaaria




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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