lunedì 10 febbraio 2014

Il valore di Chaaria

La prima esperienza di volontariato a Chaaria non è stata sicuramente facile. 
Il grande entusiasmo presente fino all'arrivo alla missione, piano piano ha lasciato il posto al rimpianto nei confronti delle abitudini quotidiane consolidate che ho dovuto totalmente e immediatamente dimenticare, alla solitudine interiore perchè non è facile "fare" gruppo da subito con persone che non hai mai visto e conosciuto e che, probabilmente sono anche esse in difficoltà. 

Per una settimana circa ho resistito pensando ai giorni già passati ma senza contare quelli che mancavano alla partenza per Nairobi e al viaggio di ritorno. Il lavoro era appassionante, tutto il personale di laboratorio mi ha accolta con gioia e fin da subito mi sono trovata a mio agio. 
I miei affetti però, erano lontani e la nostalgia mi accompagnava dal mattino quando mi alzavo fino a quando mi addormentavo la sera. What's app è stata la mia medicina. Ogni sera nella mia stanza potevo parlare con i miei cari e ricevere delle fotografie.
Un martedì pomeriggio, dopo la pausa pranzo,ho domandato a Fr. Beppe di concedermi un attimo del suo tempo e gli ho detto: "Beppe, ritorno a casa " e Lui: "Accordati con Fr. Roberto per il cambio del biglietto".


Nonostante l'assicurazione, avrei dovuto acquistare un nuovo biglietto che mi sarebbe stato rimborsato dopo il ritorno. In quel momento i miei pensieri hanno avuto un'inversione di tendenza e ho deciso di restare. 
Sono stata aiutata molto da tutto il personale o forse sono stata io stessa ad accorgermi di loro.Le difficoltà e la nostalgia non si sono dissolte totalmente ma mi hanno lasciato vivere meglio . 
Ho cominciato a pensare positivamente a rimodulare la scala dei valori, ad apprezzare la pazienza e la lentezza degli africani ai loro sorrisi sinceri; la tenacia e la volontà di raggiungere l'ospedale dopo ore e ore di cammino, da parte di pazienti comuni e di mamme in avanzato stato di gravidanza, il sorriso dei bambini e la curiosità dei loro occhi,la dedizione totale e continua di tutto il personale che lavora in ospedale, dai buoni figli, e per la comunità. 
Il contatto con la natura e i suoi colori intensissimi, le grida notturne delle scimmiette e delle civette il cielo notturno che è nerissimo e ricco di un numero sterminato di stelle hanno contribuito non poco alla mia serenità. 
Il tempo è passato velocemente e il giorno della partenza è arrivato. I saluti sono stati sinceri ma senza emozioni: ero già partita! 
Per molti giorni, presa dal racconto e totalmente dedicata a prendere possesso della mia quotidianità mi sono dimenticata di Chaaria. Il mal d'Africa però era in incubazione e di lì a poco è esploso con una forza tale che ho deciso di ritornare.
Aiuto ed esempio per tutti i volontari, Fratel Beppe che , con grande affetto e stima profondissima per le nostre professionalità, ci segue nel nostro quotidiano.
Un medico vero che ogni giorno da tutto sè stesso senza mollare mai, un esempio per tutti. Le sue debolezze lo rendono umano e simile a noi. Per questo il suo valore è ancora più grande.
Grazie, per quello che ogni giorno ci insegni e trasmetti con le "storie" del blog, perchè rispondi sempre positivamente alle richieste di chi ti chiede di tornare nel tuo ospedale, per la tua disponibilità a dedicare parte del tuo tempo alle nostre lacrime e alla comprensione per il nostro disagio.
Grazie in anticipo per l’ospitalità e per la collaborazione per chi ritorna e durante la permanenza a Chaaria.

Anna Sampò



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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