lunedì 10 febbraio 2014

Splenectomia


Oggi per la prima volta abbiamo eseguito una splenectomia a Chaaria. Si e' trattato di un addome acuto da rottura di milza.

Il paziente aveva sintomi di addome acuto, ma non ci ha riferito alcuna storia precedente di trauma addominale.
L'ecografia dimostrava anse intestinali distese e versamento corpuscolato nella cavita' peritoneale: il reperto ecografico e
l'assenza di una anamnesi positiva per trauma ci hanno quindi nun po' confusi e ci hanno condotti ad entrare in sala con la diagnosi provvisoria di sospetta perforazione intestinale da tifo.
All'apertura dell' addome abbiamo invece reperito un ingente emoperitoneo con alcuni grossi coaguli in regione splenica.
E' stato giocoforza fare una splenectomia perche' abbiamo visto una milza con segni di rottura (probabilmente in due tempi) al polo superiore ed a quello inferiore.
Ringrazio di cuore il Dr Luciano Cossu e la Dottoressa Laura Canu che hanno reso possibile l'operazione che io non avevo mai visto fare in precedenza.



Dopo aver tolto la milza il paziente ha smesso di sanguinare completamente: nel boccione dell'aspiratore c'erano comunque 1800 ml di sangue, senza contare quello sulle garze imbevute.
Ora il paziente sta ricevendo trasfusioni, ma e' stabile. Sono queste le situazioni in cui davvero senti che hai salvato la vita di una persona che avrebbe potuto morire di shock emorragico entro pochissime ore.
I parenti ci hanno poi rivelato un grosso trauma sull' addome (un tronco cadutogli addosso) tre settimane prima dell'insorgenza dei sintomi di addome acuto: probabilmente si era avuta una rottura sottocapsulare della milza il giorno dell'incidente, e ieri notte quando il paziente e' stato ricoverato a Chaaria d'urgenza si é avuta la rottura in peritoneo dell'ematoma sottocapsulare.
Grazie ancora al Dr Cossu ed alla Dottoressa Canu.



Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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