martedì 25 febbraio 2014

Lettera di Fr. Giancarlo

Carissimo Fratel Beppe,
Carissimi tutti che vivete e lavorate a Chaaria,
due righe per ringraziarvi di cuore per il sostegno che avete dato a me e alla mia famiglia durante questo tempo di prova. 
Abbiamo sinceramente sentito il vosto affetto, le vostre preghiere e la vostra vicinanza.
Un ringraziamento particolare va a Fratel Beppe, che non ha esitato ad organizzare il mio rientro in Italia, appena ha saputo della difficile situazione dei miei genitori. 
So di essere partito in fretta e di aver lasciato a Fratel Beppe tantissime incombenze, ma la cosa bella nel tornare è aver trovato tutto a posto. 
Questo mi ha riempito di sincera gioia. Siamo utili, non indispensabili ed è bello vedere che la collaborazione fra me e Fratel Beppe e con lo staff ha raggiunto un punto che possiamo assentarci, sapendo che gli altri faranno la nostra parte! 



Certo, durante la mia assenza, ho pensato più volte a Fratel Beppe, che normalmente è super-impegnato e che la mia assenza ha procurato per lui un extra-lavoro. Non posso che essergli grato per come concretamente ha dimostrato la sua fraternità verso di me!
Durante la mia permanenza in Italia ho ricevuto anche tante telefonate e visite dai volontari di Chaaria, che ringrazio. 
Mi scuso con tutti quelli con cui non sono riuscito a comunicare, ma come ben potete immaginare è stato un tempo tutto dedicato alla mia famiglia.
Ora sono a Chaaria. Certo, il mio pensiero va alla mia famiglia in questo particolare momento, ma come tanti mi hanno ricordato il Signore li aiuterà in mia assenza.
Da parte mia e da parte della mia famiglia un sincero ringraziamento per tutte le manifestazioni di affetto che abbiamo ricevuto.


Fratel Giancarlo


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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