lunedì 10 marzo 2014

Christine

Ciao, sono Christine e sono orfana di mamma. Sono stata nell’orfanotrofio del Cottolengo Mission Hospital per più di un anno, e poi il mio papà mi ha voluta nuovamente a casa.
Lui non si è ancora risposato e purtroppo non ha ancora trovato un lavoro: potete quindi immaginare come la nostra situazione economica sia a dir poco precaria.
Finora siamo stati sempre aiutati dalla generosità di tanti benefattori italiani che hanno versato una cifra mensile di 30 euro, al fine di permettere al mio papà di pagare una baby sitter, e di comprare il cibo necessario alla mia crescita.
Ora inizio l’asilo, ed ancora devo dire grazie ad un’altra persona generosa in Italia. La scuola materna infatti non è gratuita e di sicuro non ci sarei potuta andare senza un angelo custode in Italia.
Grazie, Valentina, che hai voluto prenderti cura di me e permetermi di andare all’asilo! Anche questo vestitino bianco l’ho potuto comprare grazie alla tua generosità!
A me non resta che pregare per tutte le persone che mi hanno aiutata finora e mi hanno permesso di crescere forte e sana, nonostante il vuoto incommensurabile che la mia mamma ha lasciato.



Ciao, Valentina! Grazie ancora di tutto.
Grazie a tutti i donatori precedenti di cui non ricordo il nome perchè ero roppo piccola. Ma Dio conosce i loro nomi e li saprà ricompensare con il centuplo.


Christine e Fr Beppe


1 commento:

Anonimo ha detto...

un forte abbraccio da tutta la Med d'urg Molinette Torino!


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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