martedì 4 marzo 2014

Training a Nairobi


Mi trovo a Nairobi in uno dei più costosi hotel della capitale.

La ragione per cui sono qui è che sono stato selezionato tra i dodici medici "senior" di tutta la "Eastern Province" del Kenya (comprendente Moyale, Marsabit, Isiolo, Kitui, Machakos, Embu, Meru e ...altri distretti che non ricordo) a partecipare ad un training su alcune malattie infettive al momento considerate estremamente pericolose in Africa Orientale.
Il training fa parte di un programma molto esteso che intende formare i medici di Uganda, Kenya e Tanzania. 
E' sponsorizzato dall'esercito americano, insieme all'Università di Makerele di Kampala.
Il nostro compito sarà di disseminare tra i colleghi le conoscenze che stiamo acquisendo in questi giorni.
Il corso si focalizza soprattutto su: febbri emorragiche (Ebola, Marburg, Lassa Fever, Congo Crimean hemorrhagic Fever, Rift Valley Fever), carbonchio, brucellosi, peste, vaiolo, multi-drug-resistant tuberculosios.
La ragione per cui ci si sofferma su queste malattie è che esse possono causare epidemie devastanti con enorme tasso di mortalità e con panico tra la popolazione.



Sono inoltre patologie rare (ad eccezione della TBC), per le quali spesso mancano sia la capacità di diagnosi clinica (perchè non ci si pensa), sia soprattutto gli esami di laboratorio per la loro diagnosi definitiva.
Altra caratteristica che le accomuna è l'estrema virulenza: cosa che mette a rischio la vita non solo dei pazienti, ma anche del personale sanitario e delle loro famiglie. Inoltre per molte di esse non c'è terapia.
La ragione per cui è l'esercito americano a sponsorizzare questi corsi di formazione (naturalmente non sono io a pagare questo super-albergo), sta nel fatto che tutte queste patologie sono già diventate delle armi biologiche: è quindi teoricamente possibile che vengano utilizzate anche da terroristi per disseminare morte, panico e collasso del sistema sanitario.
Il corso vuole dare a noi la capacità di riconoscere in tempo una possibile epidemia e di attivare tutti i meccanismi di quarantena, di isolamento e di prevenzione che possano salvare quante più vite umane sia possibile.
Il vaiolo è un caso tipico da questo punto di vista: ufficialmente debellato, è però presente in armi batteriologiche e quindi noi dobbiamo saperlo comunque riconoscere perchè potrebbe riaffiorare nuovamente con un attacco terroristico.
Con mia sorpresa mi sono reso conto che la peste (sia bubbonica, che polmonare) è ancora presente in Africa Orientale, sebbene abbastanza rara: anche la peste è diventata un'arma, insieme per esempio al carbonchio.
Oggi ci siamo soffermati soprattutto sull'Ebola le cui epidemie hanno come epicentro il confine tra Congo e Uganda, ma paiono spostarsi rapidamente verso est.
Abbiamo ampiamente discusso anche di Rift Valley Fever, una febbre emorragica simile all'Ebola con cui ci siamo già confrontati due volte a Chaaria.
Molta attenzione è stata posta sulle misure di isolamento e di prevenzione delle varie infezioni.
Il corso dura fino a venerdì e prevede anche sessioni pratiche a Bagathi Hospital.
Sono onorato di essere tra i dodici "prescelti", e ringrazio il Signore anche per questi pochi giorni di stacco dal lavoro: ero veramente stanco.
Un grazie sincero a Fr Giancarlo che è rimasto da solo a Chaaria.



Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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