venerdì 25 luglio 2014

Cottolengo football Chaaria


Il torneo non è andato propriamente come avremmo voluto, in quanto siamo in finale solo per il terzo e quarto posto.
Il sogno di vincere il campionato è svanito con un’inaspettata sconfitta in casa sul campo di Chaaria: a quella disfatta erano presenti come spettatori anche Fr Giuseppe Visconti, superiore generale, e Fr Marco Rizzonato, vicario generale.
Speriamo nella terza posizione.
Nel frattempo la squadra di calcio mantiene fede agli ideali di solidarietà che si è prefissa fin dal principio ed anche oggi è venuta per alcune ore di volontariato presso il centro dei Buoni Figli. 
Pure in passato i giovani calciatori erano venuti più volte per attività a favore dei ragazzi della missione, insieme all’allenatore. 
Nelle foto vedete anche i nostri clinical officers Jonah e Martin, anch’essi titolari della squadra. Ad accogliere i membri del Cottolengo Football Club c’era Fr Dominic, il quale presta il suo servizio presso i Buoni Figli. 


 
I giovani hanno aiutato per alcune ore prendendosi cura dei nostri ragazzi e facendo loro barba e capelli. Hanno anche portato dei doni in natura.
Il presidente della squadra, Fr Giancarlo Chiesa, e tutti i suoi membri esprimono inoltre sincera riconoscenza alla volontaria Lorena Melchio attraverso la quale stiamo per ricevere una sostanziosa donazione di scarpe da calcio e magliette.
Anche riguardo al Cottolengo Football Club Chaaria, possiamo dire che la nostra non è solo un’azione assistenziale e sanitaria, ma che tentiamo di essere presenti come promotori del bene in vari settori del tessuto sociale della nostra zona. Insieme al calcio tentiamo di trasmettere ai giovani anche il valore della solidarietà e del volersi bene reciprocamente
La comunità di Chaaria





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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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