sabato 11 ottobre 2014

Articolo dalla "Stampa" - Torino



Chaaria, Kenya, è un luogo della speranza, uno di quegli angoli di mondo dove l’ingiustizia resta fuori dalla porta. A un passo, magari, e in agguato. Ma fuori. 
A Chaarya c’è una Piccola Casa della Divina Provvidenza, una missione del Cottolengo: un ospedale con 200 posti letto, sempre pieno, un pronto soccorso che cura ogni giorno centinaia di persone che hanno fatto trecento o quattrocento chilometri per arrivarci. E una casa dove sono accolti una cinquantina di disabili intellettivi gravissimi, i «buoni figli». Sono proprio loro, gli adulti rimasti bambini, la loro spontaneità e il loro dolore, al centro della mostra del giovane fotografo polacco Radek Zdonczyk, visitabile fino a domani alla Piccola Casa di Torino in occasione della manifestazione «Mercatino di Ottobre». 


Zdonczyk, che vive a Varsavia e stamane sarà al Cottolengo per dialogare con il pubblico sul suo lavoro e sulle impressioni interiorizzate in Kenya, ha lavorato a Chaaria per quasi tre mesi, ha seguito sguardi e gesti degli ospiti. «Sono partito con la mia fidanzata Olga, che è un medico - racconta - , per un periodo da volontario. È stata lei a decidere di andare là... Quel tempo è rimasto fissato in centinaia di foto che raccontano la storia di 52 “buoni figli”». 
Le immagini in mostra - una parte scattate anche tra i bambini malati di Tuuru, altro presidio cottolenghino in Africa - il fotografo le ha donate alla Piccola Casa che in questi giorni le mette in vendita (a cifre simboliche) per trasformarle in fondi con cui finanziare le sue missioni in Africa, America e Asia. 
«Ogni anno in questo periodo ci mobilitiamo per il progetto “Children in the Little House worldwide” con il Mercatino di Ottobre, per aiutare quattromila bambini in terre come Kenya, Kerala, Ecuador, segnate da estrema povertà, e offrire servizi sanitari, istruzione, riabilitazione», spiega fratel Marco Rizzonato. Fratel Beppe Gaido, che ha fatto nascere ed è direttore sanitario di Chaaria aggiunge: «Vorremmo fare di più per la gente che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero mezzi. Vorrei smetterla di dover dire “vai altrove perché non possiamo curarti”. Andare altrove in Africa vuol dire aggiungere altro dolore e altra fatica a uomini, donne e bambini che per venire da noi hanno già camminato per giorni interi». 
In questo weekend, dunque, all’insegna del programma «Fare bene, fa bene al cuore», nel cortile principale del Cottolengo, in via Cottolengo 12, è possibile girare tra le bancarelle che mettono in vendita davvero di tutto un po’: abbigliamento, biancheria, calzature, stoviglie, monili e bijoux provenienti dalle Missioni, oggetti realizzati dagli ospiti disabili nei laboratori artistici. «Una parte degli oggetti che si possono acquistare sono stati donati alla Piccola Casa da aziende e da semplici cittadini», dice fratel Marco. 
Oggi pomeriggio, per rendere l’atmosfera più ottobrina i volontari dell’Associazione Volontariato Cottolengo e della Cooperativa Outsider Onlus organizzano anche una «caldarrostata» solidale. 
La serata è all’insegna del teatro con lo spettacolo dell’associazione Nonsoloimprovvisando, per la regia di Riccardo Nastasi. Il titolo è «C’era una volta…un pezzo di legno». 
Domani alle 15, in concomitanza con l’appuntamento mensile del Gran Balon, nel cortile della Piccola Casa arriva la musica piena di magia del cantastorie Alberto Bertolino con il suo organetto di Barberia e con un divertente spettacolo di burattini dedicato ai più piccoli... per poi recuperare l’atmosfera bohèmienne in un’ultima ora di allegria e solidarietà.




Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....