domenica 12 ottobre 2014

Due domande frequenti sull'ebola

1) Ci sono casi in Kenya?
La risposta è chiaramente "no", almeno fino ad oggi.

2) Che cosa sta facendo il Ministero per la Salute per prevenire che
l'Ebola entri in Kenya?
L'Ebola è una priorità assoluta per il governo, che continua a dare indicazioni per essere pronti ad una eventuale epidemia. Esiste un piano di emergenza nazionale che scatterebbe immediatamente in caso di epidemia. Ci sono meccanismi di coordinamento e piani per una risposta rapida di cui io stesso sono al corrente. 
Passeggeri ed equipaggi provenienti da Paesi affetti da Ebola sono soggetti a screening a
tutti i posti di frontiera. 
In caso di paziente sospetto c'è la possibilità di fare diagnosi virologica presso i laboratori del KEMRI e dell'Università di Nairobi.
Dovesse mai capitare un'epidemia, ci sono reparti di isolamento già predisposti sia al Kenyatta National Hospital che in altri ospedali regionali. Sono attivi corsi di preparazione per staff medico ed infermieristico (io stesso ne ho beneficiato).
Il Kenya ha inoltre 150 infettivologi distribuiti in punti chiave della Nazione.


Sono pronti e facilmente distribuibili da parte delle strutture governative appositi camici, maschere, guanti e gambali nell'eventualità di epidemia. Il governo provvederà farmaci di sostegno ed aiuti logistici agli ospedali che eventualmente dovessero trovarsi a fronteggiare un'epidemia.

Questo è quanto mi sento di rispondervi oggi riguardo alla situazione del nostro livello di allerta e di preparazione all'Ebola.
Personalmente mi impegno a tenermi ed a tenervi costantemente informati.
Anche riguardo al Marburg il livello di allerta è alto; siamo attenti e preparati, ma al momento non ci sono casi di malattia in Kenya.

Fr Beppe Gaido

Fonte: Kenya Ministry of Health

1 commento:

Unknown ha detto...

La cosa più giusta ed efficace l'ha fatta proprio il Kenya, chiudendo le frontiere aeroportuali ai paesi con focolai di Ebola già nel mese di giugno. Il grosso rischio con le epidemie sono i mezzi di trasporto veloce che permettono al virus di infettare persone al di fuori del suo habitat naturale.


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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