giovedì 6 novembre 2014

Terapie miracolose

Ripensando a tutti questi anni trascorsi a Chaaria, mi viene da pensare ad alcune terapie che davvero hanno operato dei miracoli davanti ai nostri occhi.
Certamente il primo farmaco miracoloso in cui mi sono imbattuto è stato il chinino... miracoloso soprattutto nei bambini: è stata un’esperienza entusiasmante e ripetuta più volte quella di ricevere bimbi in coma per malaria cerebrale, che poi alla terza dose di chinino in vena già mangiavano tranquillamente seduti sul letto, mentre l’indomani mattina inseguivano altri bambini ricoverati nella stessa stanza. 
Quante volte ho visto questo miracolo, anche se nella mia mente sono rimasti di più i casi in cui non ce l’abbiamo fatta ed i piccoli pazienti sono morti.
La seconda terapia miracolosa è senza dubbio la trasfusione di sangue, soprattutto nei bambini con anemia da malaria: li vedevamo morire a frotte con emoglobine vertiginosamente basse, prima che iniziassimo a trasfondere. Morivano davanti ai nostri occhi senza che noi potessimo fare alcunchè per loro. 


Da quando però abbiamo incominciato questa procedura, siamo stati testimoni di veri e propri miracoli. Le cose più prodigiose le abbiamo viste nuovamente nelle gravissime anemie in pediatria: ricordo bambini che respiravano appena a motivo di un’emoglobina di 2 grammi, i quali, subito dopo la trasfusione, giocavano con gli altri in camera ed in cortile. Vedere queste metamorfosi e toccare con mano come la vita rifluiva nelle vene di quei piccoli è sempre stata un’esperienza commovente e gratificante.
La terza terapia miracolosa nella mia esperienza sono stati i farmaci antiretrovirali per HIV; sono innumerevoli i casi che potrei raccontarvi, ma ve ne cito uno per tutti: una ragazza di nome Jane era stata portata a Chaaria in condizioni estreme; era magrissima per una diarrea irrefrenabile che durava da giorni e giorni; non mangiava nulla perchè aveva un mughetto orale tremendo; non era assolutamente in grado di camminare ed i suoi l’avevano portata in ospedale su una carriola da muratori. 
Era stata una scena inquietante vederla arrivare con le gambe e la testa penzoloni al di fuori di quella carretta che per il passato avevo sempre visto piena di sabbia e cemento durante le costruzioni dell’ospedale. Jane era stata dapprima ricoverata per un lungo periodo al fine di controllare la disidratazione e le infezioni opportunistiche. 
Poi l’avevamo messa in terapia antiretrovirale, ed è avvenuto il miracolo. L’ho rivista sei mesi più tardi, in condizioni davvero ottime. “Mi riconosci?”, mi aveva chiesto con una punta di civetteria, ma onestamente io avevo risposto di no. Quando mi ha detto che era Jane, io non ci potevo credere: era ora pimpante, in carne ed in ottima salute. “Sto prendendo le medicine, e mi sento davvero bene. Non ho effetti collaterali e sono molto contenta”. Ma come Jane, potrei citarvi una lista lunghissima di persone la cui vita è stata trasformata da tali farmaci per l’HIV.
Miracolosa è anche certa chirurgia d’urgenza che facciamo ormai di routine: come non pensare ad una donna con un aborto incompleto che se ne torna a casa in serata dopo il raschiamento, e non sembra neppure sia stata malata; lo stesso dicasi per una paziente anemica e con pressione arteriosa imprendibile a motivo di una gravidanza ectopica: è sorprendente vederla poi al rubinetto a lavarsi la faccia dopo appena due giorni dall’operazione.
Ma di miracoli così a Chaaria ne capitano tutti i giorni: a volte a fare il miracolo sono i farmaci antitubercolari; altre volte è il Rocefin che strappa alla morte un bimbo con una meningite batterica; talvolta può essere semplicemente la soluzione fisiologica che fa rifiorire un paziente disidratato da una grave dissenteria.
Ripenso in questo momento ad una frase che si legge spesso all’ingresso di dispensari per lo più protestanti: “we treat, but only God heals”. 
Sono convinto che sia profondamente vero, ed è per questo che desidero concludere questo scritto con un sincero ringraziamento al Signore, che ci dà la forza di dedicarci ogni giorno al servizio dei malati, che ci dona la conoscenza ed il discernimento per scegliere la terapia più indicata, e che poi sempre guida la nostra mano e guarisce i nostri malati con la nostra piccola collaborazione ed al di là dei nostri errori.
Il vero miracolo di Chaaria è proprio questo: quante persone vengono guarite, nonostante la nostra piccolezza ed i nostri limiti, sia fisici che intellettivi! 
E la ragione penso si possa trovare proprio lì: noi cerchiamo di dare il massimo, di non risparmiarci in nulla... e poi, quando le nostre conoscenze o le nostre forze sono esaurite, ci abbandoniamo fiduciosi alle mani di un Dio che è Padre buono e provvidente.

Fr Beppe


1 commento:

Anonimo ha detto...

thank you


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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