martedì 6 gennaio 2015

L'Epifania di Chaaria

Dopo un’assenza di un anno e mezzo da Chaaria, transitando per Nairobi si è colpiti dalla crescita di numerosi edifici di società  finanziarie e dai grattacieli in fase di ultimazione, che riportano  insegne cinesi; sulla via per Meru si incontrano nuovi centri  commerciali, università ricostruite e tante pompe di benzina; ma dopo  Meru, la strada per Chaaria è sempre la stessa, e a Chaaria Market si  nota solo un lieve aumento del numero delle botteghe, mentre attorno i  poveri lavorano la terra sempre con gli stessi strumenti rudimentali. 
Nel Kenya come altrove, l’aumento della ricchezza si aggrega nelle mani  di pochi, e Chaaria mantiene inalterata la sua vocazione di servizio ai  poveri. 
E’ ben visibile il continuo rinnovamento strutturale della  Missione. 
Rispetto al passato, si sono marcatamente ridotte le presenze  dei volontari. Considerato l’esiguo numero di Fratelli presenti, che  ringrazio di cuore per l’ospitalità (unitamente a Fiorenza), acquistano particolare significato i miglioramenti organizzativi conseguiti dal personale sanitario e dai servizi di supporto: i missionari che, avendo  ad esempio Gesù, hanno proposto dei buoni comportamenti da copiare,  senza imposizioni, con pluridecennale pazienza e dedizione, hanno  creato un terreno fertile che ha prodotto il frutto dell’imitazione. 
E’  così che Chaaria si MANIFESTA SOPRA le contraddizioni dell’Africa.

Dr. Pierantonio Visentin

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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