lunedì 16 febbraio 2015

Lettera di Laura

Carissimi Giancarlo e Beppe,
vorrei ringraziarvi per l'accoglienza che come sempre riservate a noi volontari che veniamo in servizio a Chaaria .
Benché io venga come vostra ospite solo da 2012, ho visto nel corso degli anni cambiamenti sempre più veloci e degli standard sempre più elevati in moltissimi aspetti della missione.
Negli ultimi due anni ho avuto la fortuna e il privilegio di poter venire due volte all'anno e ho potuto notare dei grandi cambiamenti anche a distanza di soli sei mesi.
Sono migliorati moltissimo gli alloggi soprattutto per quanto riguarda l'aspetto connesso alla presenza dell'acqua calda che, grazie ai nuovi sistemi di erogazione presenti nelle docce, garantiscono la presenza costante dell'acqua calda. Certo qualche disagio era assolutamente sopportabile, anche se è altrettanto innegabile che poter contare costantemente sulla presenza dell'acqua calda offre certamente i suoi benefici.
Mi sono davvero emozionata a vedere in reparto la presenza dei nuovi carrelli per la terapia e l'entusiasmo dei vostri infermieri che apprezzano certamente la nuova possibilità di distribuzione e somministrazione della terapia.


Mi sono sempre chiesta come facessero a raccapezzarsi in tutte quelle compresse sparse sul loro tavolo al momento della somministrazione della terapia..... ma ognuno ha le sue capacità di orientarsi e francamente più che un giudizio sulle modalità di distribuzione dei farmaci, la mia e' sempre stata una sorta di ammirazione per la capacità di gestire una situazione che, ai miei occhi, appariva abbastanza confusa.
Certo che l'aspetto più coinvolgente ed emozionante e' dato dall'incontro/rapporto con i malati africani..... ti guardano con quello sguardo profondissimo, intenso e denso di domande, di richieste di aiuto con una semplicità ed un'urgenza che solo un essere umano in difficoltà può manifestare.... il tutto senza perdere un briciolo della loro dignità..... a tratti quasi regale..... e ti regalano delle emozioni davvero grandi.... 
Quando tengo la mano a qualcuno o gli porgo il braccio per aiutarlo nel suo incedere incerto, la ricompensa emotiva che si raggiunge e' davvero senza confine e sei completamente ripagata da ogni sforzo, fatica e stanchezza....
Mi sento davvero fortunata a poter vivere questa realtà così dura e al contempo così appagante.
Credo che l'esperienza di vita che si realizza a Chaaria consenta davvero di sposare la definizione di empatia come espressa dal Prof. Simon Baron Cohen dell'università di Cambridge che così recita:
"Provare empatia e' sintonizzarsi spontaneamente e naturalmente con i pensieri e sentimenti dell'altro qualunque essi siano, e' leggere l'atmosfera emozionante che esiste tra le persone. 
E' sapersi calare nei panni dell'altro senza sforzo, negoziando istintivamente un'interazione con un'altra persona in modo da non ferirla, ne' offenderla in alcun modo, prestando attenzione ai sentimenti dell'altro."
E sinceramente credo che questo sia il vero "Take Home Message" che l'esperienza a Chaaria può consentire di acquisire, arricchendo spiritualmente ogni essere umano che si cala in questa realtà .
Non so davvero come esprimere fino in fondo la mia gratitudine perché grazie al vostro sforzo costante, alla vostra tenacia ed entusiasmo riuscite a mantenere viva e pulsante questa realtà che potenzialmente può aiutare tantissime persone che arrivano dal dorato mondo occidentale a migliorarsi, oltreche' l'innegabile ed impagabile servizio che quotidianamente offrite ai poveri.
 Ci vedremo a luglio prossimo

Laura


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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