martedì 17 febbraio 2015

Per sopraggiunti limiti di età

Fin da prima di venire a Chaaria quest’anno, il Dr Luciano Cossu sapeva che sarebbe stata la sua ultima esperienza: lo sapeva perchè si sente ormai stanco, perchè gli pare di aver perso un po’ di manualità chirurgica dopo essere andato in pensione, perchè ha qualche acciacco di salute e fondamentalmente perchè alla sua età vuole godersi un po’ di pensione.
E’ venuto a Chaaria quest’anno con il desiderio specifico di salutare tutti in modo adeguato e di rinnovare la sua stima per lo staff con cui tante volte ha collaborato in sala operatoria negli ultimi anni.
Secondo le sue stesse parole, a Chaaria ci sono persone “degne”, ed è per questo che stasera ha voluto organizzare una cena di addio con il personale della sala operatoria, in modo da esprimere a tutti apprezzamento, riconoscenza ed anche nostalgia.
A Chaaria non abbiamo un ristorante e la cena è stata organizzata a casa di Judith (la matron dell’ospedale) che ci ha gentilmente ospitati; i deliziosi piatti sono stati cucinati dalle ragazze della sala operatoria. Le poverine hanno iniziato a cucinare dopo le 6.30, ora in cui è finito l’ultimo intervento.
Il Dr Cossu ci ha detto ufficialmente che non verrà più a Chaaria, ma continuerà ad aiutarci dalla Sardegna in tutti i modi che gli saranno possibili.
E’ stata una serata molto bella e familiare, seppur venata da un velo di tristezza...come sempre capita nei momenti di addio. 



La vita è così. Ci sono momenti in cui si lasciano delle persone (almeno fisicamente), e questi sono sempre attimi malinconici.
Sappiamo però che non si tratta di una separazione affettiva in quanto l’amicizia ed il supporto continuerà anche in futuro.


Fr Beppe





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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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