mercoledì 18 febbraio 2015

Dilemmi infermieristici

1) Sono qui a Chaaria e lavoro tutto il giorno, nel senso che faccio andare le mani, faccio medicazioni, cambio posizione ai pazienti allettati, ma poi vedo anche che questo lavoro potrebbero farlo gli infermieri locali e che, se li faccio io, loro stanno seduti a chiacchierare. Fatico a capire quale sia il mio ruolo e la mia reale utilità a Chaaria.
A Chaaria si viene prima di tutto per i malati, e certo il tuo ruolo e la tua utilità stanno nelle cose che hai fatto con amore per i pazienti che avevano bisogno di te. 
A Chaaria si viene per le persone povere ed ammalate, ed è per loro che ci sacrifichiamo: la tua utilità sta nel fatto che le medicazioni siano pulite e regolarmente cambiate, che i pazienti con piaghe da decubito abbiano un cambio di posizione ogni due ore, ecc. 
A Chaaria è ovvio che abbiamo uno staff infermieristico completo, abituato a lavorare in assenza di un volontario italiano (per altro gli infermieri volontari sono piuttosto rari), ed è quindi chiaro che sentano la tua presenza come un over-staff e che tendano istintivamente a scaricarti i lavori ed a schivare la fatica: tutto il mondo è paese da questo punto di vista...ma se tu li chiami e chiedi loro di collaborare con te e di aiutarti (soprattutto se lo fai con umiltà e dolcezza) sono sicuro che verranno prontamente a darti una mano. 
La tua utilità per Chaaria sta proprio nel fatto che il tuo entusiasmo di volontaria certamente può colmare innegabili lacune nel nostro nursing di base: in questo periodo hai fatto crescere il livello di qualità dei servizi offerti ai nostri malati...è ciò è encomiabile e certamente utilissimo. 
Non è stato inutile, anzi utilissimo, soprattutto per i malati che hanno beneficiato dei tuoi servizi.


2) Ma sembra che non cambi niente: io magari faccio delle cose, ma gli infermieri locali poi non le portano avanti, e quindi forse è tutto inutile. A Chaaria un infermiere deve prepararsi ad andare in crisi.
Personalmente ho sempre pensato che la crisi sia un momento molto utile nella nostra vita. L’etimologia della parola greca crisi può voler dire sia passaggio che anche crescita. Le crisi quindi ci fanno in qualche modo sempre crescere. 
Riguardo al fatto che non cambi niente, io posso assicurarti che non è vero: il tuo angolo visuale è viziato dal fatto che parte da una osservazione limitata, di circa tre settimane. Io che a Chaaria ci sono stato degli anni e questo ospedale l’ho visto crescere come un figlio, ti posso dire che di passi avanti se ne sono fatti tanti, e passi da gigante, anche nell’ambito dell’igiene del malato, del nursing e dell’assistenza. 
Certo, i cambiamenti epocali avvengono spesso così lentamente che non ne abbiamo la percezione, ma essi ci sono, e sono irreversibili.
Il ruolo di un volontario nel far crescere la coscienza dei nostri infermieri sui valori base del vero “nursing care” può essere paragonato a quello della goccia, che sembra non fare niente, ma infine scava la roccia per sempre. 
Il volontario deve essere un trascinatore con l’esempio e con la dedizione; con umiltà, qualche volta potrà anche fare qualche richiamo o qualche incitamento al miglioramento, ma le parole servono di meno. 
I nostri infermieri locali hanno bisogno di modelli trascinanti più che di parole da cui essi si difendono e che non sortiranno nessun miglioramento. 
Non credo che quando vai via tu, tutto tornerà come prima: i semi di cambiamento che hai gettato pian piano continueranno a germogliare e magari li vedremo fiorire tra molti anni quando tu forse non sarai neppure più a Chaaria per verificarli: è come piantare una palma da datteri. 
Chi semina, lo fa per le generazioni future e non per sè, in quanto per far frutti ci vorranno cento anni. Lo stesso è per i miglioramenti a Chaaria: chi li promuove sovente non li vede fiorire, ma altri più avanti ne godranno i frutti.

Fr Beppe



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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