giovedì 19 febbraio 2015

Formazione agli infermieri delle altre missioni cottolenghine

Domenica scorsa abbiamo incominciato nuovamente i nostri incontri mensili di formazione per gli infermieri ed i clinical officers che operano nelle missioni di Gatunga e Mukothima.
E' una tradizione iniziata molti anni fa, che però ha conosciuto alti e bassi, a causa soprattutto delle difficoltà logistiche legate all'organizzazione di un evento che obbliga gli infermieri a sacrificare una domenica al mese.
Da più di un anno eravamo fermi, non per mancanza di disponibilità da parte mia, ma per problemi organizzativi nelle missioni sopra citate.
Per il passato partecipava alla formazione anche Tuuru, che però al momento sembra non essere intenzionato a riprendere le frequenze a causa soprattutto della distanza.
Personalmente penso che sia un impegno molto importante che può aiutare tantissimo nell'aggiornamento di quel personale, che, trovandosi in aree assai remote, fa fatica a trovare occasioni per formarsi ed crescere professionalmente.
Speriamo che Tuuru ci ripensi e riprenda a venire; inoltre ci auguriamo che almeno le due missioni del Tharaka possano perseverare nell'impegno ed aumentare il numero di partecipanti: sicuramente tale impegno riverbererà positivamente sulla qualità del servizio da loro offerto ai pazienti...inoltre, siccome anche per me si tratta di un sacrificio considerevole, mi farebbe piacere che la classe fosse un po' più gremita di studenti.


Ma l'importante è che abbiamo ricominciato.
Per chi conosce Chaaria, la lezione l'abbiamo fatta nel vano che c'è sotto la sala operatoria: ci è sembrato un posto comodo e silenzioso.
Nello stesso locale mettiamo solitamente i ragazzi circoncisi, ma ora siamo fuori stagione ed il salone era disponibile ed onestamente perfettamente adatto all'occasione

Fr Beppe



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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