lunedì 2 marzo 2015

Addome acuto di domenica

Il paziente arriva subito dopo la messa. 
Urla di dolori addominali ed è piegato in due dal male. 
Non puoi sfiorargli l’addome senza procurargli una sofferenza lancinante. Dice che la sintomatologia è iniziata la notte precedente, ma che da tre giorni non andava di corpo.
L’ecografia dimostra una modesta raccolta di fluido, soprattutto nel Douglas, con una gruppo di anse dilatate e prive di peristalsi in fossa iliaca destra.
L’emocromo indica la presenza di leucocitosi e ci sprona ad entrare subito in sala.
Appena inciso l’addome, ci rendiamo conto di una banda di aderenza che dall’ombelico si dirige verso il peritoneo posteriore. Essa fa da perno attorno al quale si è formato un volvolo: purtroppo quello che ci si presenta è un gomitolo di anse di color granata e completamente necrotiche.
Tagliamo immediatamente l’aderenza e cerchiamo di fare degli impacchi di fisiologica tiepida sull’intestino necrotizzato, nella vaga speranza di poterlo rianimare: purtroppo non ci sono segni di ripresa e bisogna procedere alla resezione.


Trattandosi di un volvolo dell’ultima ansa ileale, mobilizziamo il cieco e lo asportiamo insieme a circa venti centimetri di tenue. Procediamo quindi ad anastomosi ileo-colica sulla flessura epatica.
Nonstante il fatto che alla domenica siamo sotto-staff e Makena non è presente a darci man forte, siamo calmi e rilassati, e lavoriamo con serenità, portanto a termine l’intervento in circa due ore e mezza.
E’ stata un’operazione pulita in quanto siamo arrivati prima che si formassero perforazioni intestinali e spandimento di materiale fecale in peritoneo.
Inutile dire che siamo molto contenti per il nostro malato ed anche perchè siamo stati capaci di rispondere tempestivamente anche a questa difficile emergenza domenicale.
In questo momento non abbiamo chirurghi volontari che possano darci un po’ di tranquillità psicologica, ragion per cui la nostra soddisfazione è ancora più palpabile.
Come non pensare che stiamo davvero crescendo come ospedale e che le nostre competenze si dilatano sempre di più!
Grazie a tutti coloro che ci hanno formato con pazienza e ci hanno condotti fino dove oggi siamo arrivati.

Fr Beppe



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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