martedì 28 aprile 2015

Emicolectomia d'urgenza

Lo abbiamo ricoverato ieri per una subocclusione intestinale. Onestamente speravamo che si sarebbe “sbloccato” con clisteri, lattulosio e procinetici.
Oggi però la situazione era nettamente peggiorata:  l’aspetto era più emaciato, la distensione addominale era aumentata e c’erano “anse disegnate” sotto la cute addominale. I clisteri erano stati del tutti inefficienti e dal sondino nasogastrico fuoriusciva materiale biliare.
La giornata era tremenda ed è stato impossibile visitarlo prima delle 18.30. Considerata la sua situazione abbiamo deciso che la terapia medica aveva fallito e che si imponeva una revisione chirurgica. 
Avevo appena finito l’ultimo paziente abulatoriale alle 19, quando finalmente sono stato chiamato in sala perchè il paziente era intubato e pronto per l’intervento. 
Ero stanchissimo a causa di una giornata tremenda, con tante operazioni ed altrettanti clienti esterni in dispensario ed in maternità, ma allo stesso tempo mi aspettavo una procedura breve e pulita, in quanto il nostro operando aveva solo 20 anni: pensavo ad un volvolo, ad una invaginazione intestinale o a delle aderenze.
Invece il quadro clinico è apparso radicalmente differente: tutto il tenue era estremamente disteso ed in parte già bluastro; anche il colon ascendente e l’appendice apparivano abnormemente dilatati fino esattamente alla flessura epatica. Il trasvero ed il discendente invece erano completamente vuoti.



Palpando la flessura epatica ci siamo infatti resi conto che il problema era lì: una massa durissima, immobile e completamente  endofitica all’organo, la cui mucosa esterna non appariva affatto alterata: non erano feci a causare la massa, perche queste sono in parte sempre comprimibili, e mai così dure in quella zona. 
La massa comunque c’era, il paziente era chiaramente occluso, la dilatazione a monte della lesione era estrema, tanto che la valvola ileo-cecale era ormai incompetente: bisognava quindi decidere cosa fare!
Una colostomia di scarico a monte della lesione mi sembrava una misura non accettabile, data la giovane età del paziente ed anche considerato che la massa potrebbe essere di natura tumorale; pensare ad una resezione intestinale semplice con anastomosi termino-terminale tra il segmento a monte e quello a valle della lesione (cosa forse davvero auspicabile) sarebbe risultato impossibile data l’estrema disparità di diametro tra i due monconi intestinali.
Anche se la Dottoressa Khadija era con me, toccava a me decidere, e dovevo farlo in fretta: ho quindi optato per l’emicolectomia destra con anastomosi ileo-colica latero laterale sul trasverso: mi è sembrata la soluzione migliore!
L’intervento è andato bene anche se ci ho messo un po’ di tempo e siamo usciti di sala alle 21.30... e pensare che la giornata era iniziata all’1.15 di notte con un cesareo urgente!
Sono davvero stanco, ma spero di aver fatto la cosa giusta: dopo l’operazione ho aperto il colon resecato per rendemni conto meglio,  ed ho trotato una massa dura e lardacea che causava una stenosi praticamente assoluta della flessura epatica.
Non mi sembra un tubercoloma, che avrebbe aspetti più flogistici ed anche caseosi. Ho paura che si tratti di un altro tumore in età estremamente giovane.
A Chaaria stiamo vivendo una vera e propria epidemia neoplastica tra i giovanissimi: anche ieri abbiamo perso una ragazza di 30 anni a cui avevo fatto una biopsia alla mammella che era risultata positiva per carcinoma; alla fine è morta confusa e piena di convulsioni: forse aveva già metastasi cerebrali.
Ora dobbiamo pregare che il post-operatorio sia buono... e poi speriamo anche che l’istologico poi ci smentiscae che la massa non sia tumorale.


Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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