martedì 2 giugno 2015

I laboratori occupazionali e la scuola speciale

Sono un’attività molto importante del centro dei Buoni Figli attraverso la quale cerchiamo di sviluppare al massimo le potenzialità dei nostri ragazzi.
Di tale settore si occupa Sr Joan insieme a Jacinta; spesso con esse collaborano anche i volontari.
In orari particolari i ragazzi vengono divisi in gruppi selezionati in base al diverso livello di deficit intellettivo, e si organizza la scuola speciale: si insegna inglese, kiswahili, un po’ di aritmetica, catechismo, canto. 
Per i più gravi le lezioni possono essere costituite semplicemente dall’assemblaggio di materiale “lego”.
Durante le ore dedicate alle attività occupazionali Sr Joan coordina lavori di confezionamento di collanine e rosari che sono effettivamente fatti dai nostri ragazzi con minimo aiuto da parte degli operatori; inoltre i nostri Buoni Figli collaborano attivamente anche al prezioso lavoro di piegare le garze per l’ospedale prima della sterilizzazione.
Coloro che sono un po’ più dotati ci aiutano invece in attività di utilità sociale all’interno della missione, come l’agricoltura o la cucina centrale. 



Nella foto vedete per esempio uno dei compiti del nostro Kimani, che, tra tante altre mansioni, è anche incaricato di garantire la legna da ardere per la cucina.
Ci sono anche momenti di preghiera insieme per i ragazzi, e, qualche volta, con i proventi ricavati dalla vendita delle collanine, organizziamo gite ai parchi od in altri luoghi di loro gradimento.


Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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