giovedì 6 agosto 2015

Il ritorno a Chaaria

Le giornate scorrono durissime.
Inizio al mattino presto in ospedale, e non c'è quasi tempo di respirare: è una corsa continua ed un saltare come un grillo tra ambulatorio, reparto, ecografie, gastroscopie, operazioni in sala.
La pausa pranzo è brevissima, quasi come un piccolo break: non si può pensare ad un momento di siesta perchè i pazienti sono davvero troppi e tutti vogliono essere serviti al più presto.
Ogni giorno cerco di dare il massimo, ma a sera mi ritrovo continuamente indietro sulla tabella di marcia: ci sono tantissime operazioni arretrate, ed a molti è stato dato appuntamento per l'intervento in questa mia prima settimana in Kenya.
Faccio liste operatorie coraggiose ed esigenti...ma poi arrivano costantemente i cesarei e le emergenze e mai sono riuscito a finire la lista operatoria entro la serata.
Questa settimana è stata una costante anche avere uno o due cesarei dopo cena, quando ormai ero stremato.
Quando finisco un intervento difficile ed esigente anche dal punto di vista emotivo, esco dalla sala sudato e mi devo immediatamente buttare nel lavoro dell'ambulatorio; non ho un minuto per riprendere fiato...


e meno male che c'è Makena, che mi fa arrivare in sala quando l'addome dell'operando è già aperto, e poi sutura la cute per me!
Quando poi esco di sala verso le 18 e di nuovo vedo che la mia cartellina contiene richieste per eco, gastro, ECG od anche semplice consulto, quasi mi viene da piangere, perchè sono così stanco che quasi non riesco a parlare in kiswahili; ascoltare la lunga lista dei dolori della gente mi diventa davvero duro a quelle ore.
Se poi, come oggi, finisco alle 20 in sala, e l'infermiera della notte mi dice che ci sono due cesarei da fare, mi scoraggio un po': mi consola il fatto che Giancarlo non è in una situazione migliore della mia. L'altra notte non ha dormito a causa di un disturbo intestinale; oggi, come il sottoscritto, ha lavorato continuamente fino alle 20, a motivo di una scadenza inderogabile con il pagamento delle tasse... e poi è stato l'unico ad aiutarmi per i cesarei.
Io e lui siamo proprio nella stessa barca!
Ma Chaaria è bella proprio per questo: lo tocchi con mano che sei utile a molta gente. Ti commuove il fatto che a centinaia cercano i tuoi servizi ogni giorno; e tu sei contento di essere sempre a loro disposizione, perchè questa è la ragione per cui sei venuto in Africa.
Ogni sera, quando tocco il cuscino e mi sento stremato, penso che il Signore è contento di noi, proprio perchè ci dona così tanti pazienti.
Se non fossimo nella volontà di Dio, la prima cosa che noteremmo, sarebbe un ospedale vuoto ed inutile...e questa non è davvero la situazione che ho trovato tornando dall'Italia.
Non avere tempo per sè porta con sè anche altri aspetti positivi: a Chaaria non si ha più tempo per le cose inutili. Non si ha la forza per il pettegolezzo e per il parlar male degli altri, perchè tutte le energie sono spese nel servizio.
Ecco come ho trovato Chaaria: la solita bolgia infernale di pazienti e di bisogni; insieme però il posto bellissimo in cui ci si può donare completamente, fino al sacrificio della vita.
Chaaria è dura ed estremamente esigente, se ci si vuole buttare e ci si mette in gioco per gli altri; essa è però anche stupenda ed assolutamente gratificante.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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