lunedì 7 settembre 2015

Craniotomia e chiodo endomidollare

Per la prima volta a Chaaria oggi abbiamo eseguito, grazie al Dr Nyaga ed alla dottoressa Makandi, una craniotomia per drenaggio di grosso ematoma epidurale.
L'intervento è andato bene ed il paziente è ora già sveglio.
E' un altro passo avanti per il nostro ospedale, dove, già in passato avevamo eseguito trapanazioni craniche per ematomi subdurali, ma non ci era mai successo di misurarci con uno epidurale.
Oggi mi ha colpito la differenza tra le due forme cliniche: nell'ematoma subdurale dreniamo sangue liquefatto, lo aspiriamo e laviamo con fisiologica, dopo aver praticato due semplici perforazioni nel cranio.
In quello epidurale bisogna togliere una parte di calotta cranica e poi evacuare grossi coaguli. Bisogna anche con coraggio raschiare la dura stessa su cui ci sono strati di sangue coagulato ed organizzato.
Da ultimo si appone nuovamente il pezzo di cranio precedentemente rimosso e si risutura lo scalpo.
Inoltre, oggi il Dr Nyaga ho operato con successo una frattura di femore con chiodo endomidollare: anche questo è un passo avanti perchè è la prima volta che riusciamo a fare questo tipo di intervento in assenza del Dr Cara.
La situazione in ospedale rimane estrema, ed il numero di interventi ortodedici ancora in attesa supera i trenta.


L'importante in questi giorni è conservare la calma e la lucidità mentale nel bailamme di pazienti, lavoro e problemi.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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