martedì 20 ottobre 2015

Hellen

Era nata nel 1991, ed era spostata da poco. Parente di una nostra dipendente, aveva deciso di scegliemi come medico di fiducia durante la sua prima gravidanza. Era stata una gestazione difficile, soprattutto a causa di ripetuti attacchi di malaria che hanno più volte provocato minacce d'aborto, e ci hanno obbligati a ricoveri ospedalieri anche prolungati.
L'ultimo episodio malarico con contrazioni importanti era avvenuto in agosto, e di nuovo avevamo tenuto Hellen in ospedale sotto chinino endovena, unito a  buscopan ed altri farmaci per bloccare l'attività uterina.
Ho visto Hellen per l'ultima volta circa 15 giorni fa. Le ho fatto un' ecografia e le ho consigliato un cesareo, perchè la presentazione del feto non era favorevole.
Non ho specificato che mi sarebbe piaciuto che per il cesareo venisse da noi, ma era evidente.
Hellen probabilmente non ha compreso appieno la gravità delle mie parole, ed ha voluto partorire a casa. In qualche modo il bimbo è nato, ma Hellen non c'è più.
Mi hanno detto che era stata bene subito dopo aver dato alla luce il piccolo; poi era collassata la mattina seguente, arrivando alla morte prima che si potesse organizzare un trasporto in ospedale.
Si sarà trattato di rottura d'utero?
O magari è stata un' atonia che ha ritardato la contrazione dell'organo dopo il parto, permettendo un'emorragia sufficiente ad ucciderla? Hellen era infatti un po' anemica a causa delle molte malarie durante la gravidanza.



Chi lo sa!
E poi ora a che cosa servirebbe saperlo?
Adesso il marito, anche lui giovanissimo, è rimasto solo con un maschietto a carico. Ricordo di averlo incontrato una volta, e di aver saputo che aveva un anno in più della moglie.
La nostra dipendente mi ha detto che gli suoceri di Hellen ora si stan prendendo cura della nuova creatura che non conoscerà mai la madre.
Hellen è già stata sepolta, ma nessuno era venuto a dirmi nulla prima di oggi.
Forse lo sanno che quel parto a casa è stato uno di quegli sbagli di cui ti puoi pentire per tutta la vita.
Mi spiace tanto che sia morta, soprattutto pensando che un cesareo da noi avrebbe potuto cambiare il corso della storia di quella famiglia.


Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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