domenica 18 ottobre 2015

I cinque anni di Aina nel Meru

Ieri l'ASSOCIAZIONE ITALIANA NOMADI DELL'AMORE (AINA) di Roma ha celebrato il quinquennio di attività in Kenya, dove dal 2010 ha aperto un centro per bambini sieropositivi e disabili a Nciru, sulla strada Meru-Maua (a circa 40 chilometri da Chaaria).
E' un centro bellissimo che ospita più di cento bambini; tra di essi circa il 10% ha anche problemi di disabilità più o meno severa.
Da tempo tra noi ed AINA esiste un rapporto di cordiale amicizia e di collaborazione: anche AINA, come Chaaria, collabora con il progetto DREAM di Sant'Egidio per la cura dell'AIDS. Inoltre, in varie occasioni abbiamo collaborato direttamente, sia con scambio di personale nelle cliniche per l'HIV e sia in campo ortopedico, dove noi di Chaaria abbiamo eseguito interventi chirurgici importanti su vari bambini là ricoverati.
Ieri siamo stati invitati alle celebrazioni che AINA ha organizzato per ricordare il primo quinquennio di attività.
Io non ho potuto essere presente personalmente a motivo di una lunga lista in sala operatoria, ma da Chaaria sono andati alla festa 6 Buoni Figli, Fr Joseph Muchiri, Amos, Paul Kinoti e Joseph Kabithioli.


La nostra presenza alla festa è stata molto apprezzata dai membri di AINA venuti in Kenya dall'Italia per l'occasione, e dal direttore Mr Marek, ed ha ulteriormente cementato i nostri rapporti di amicizia e di stima vicendevole.
Per i Buoni Figli è stata una bella gita fuori porta che ha dato loro tanta gioia, ed ha rotto la monotonia delle loro giornate.

fr Beppe




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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