mercoledì 14 ottobre 2015

Lavori edilizi

Chi è anziano come me potrebbe ricordare una vecchia pubblicità che guardavamo da bambini: c'era un uomo ben vestito, seduto ad tavolino da bar, intento a sorseggiare un liquore; attorno a lui però non c'era un locale, ma un enorme cantiere in cui operai e muratori andavano e venivano nell'atto di costruire un palazzo...e la pubblicità finiva con la voce di sottofondo: "contro il logorio della vita moderna, bevetevi un Cynar".

Ebbene, prese in considerazione le dovute differenze, a Chaaria a volte è un po' così; ci sentiamo un po' come quella persona al tavolino; abbiamo infatti sempre un cantiere aperto e muratori ed operai che ci girano attorno per dodici mesi all'anno.
Si lavora in reparto con il rumore assordante di mazze, martelli e scalpelli; ci si sposta dalla sala operatoria alla maternità facendo lo slalom tra file di uomini con carriole i quali portano via il terreno sbancato per le nuove costruzioni; a volte si cammina tra la polvere bianca sollevata dai flessibili che levigano il cemento; altre volte ci vorrebbe la maschera come in sala operatoria anche in reparto, tanto è forte l'odore delle vernici.
Sì, anche questa è Chaaria.
Un cantiere che continua a funzionare al fianco di un ospedale aperto e pieno di pazienti. Una realtà in cui le esigenze dell'assistenza devono sempre confrontarsi con quelle delle contemporanee costruzioni e ristrutturazioni; i lavori edilizi sono infatti importantissimi per il miglioramento dell'ospedale; altrettanto essenziale per noi è continuare a lavorare ed a servire i pazienti che a noi si rivolgono.


Chaaria è infatti un cantiere edilizio sempre aperto in un ospedale funzionante!
Si tratta di un equilibrio a volte non facile, ma siamo andati avanti in tale situazione per molti anni ormai, ed abbiamo imparato a convivere: muratori ed infermieri, idraulici e clinical officer, falegnami ed elettricisti con medici e laboratoristi.
In questi giorni vediamo molto fermento nel cantiere perchè l'impresa di costruzione vorrebbe arrivare al soffitto dei nuovi servizi igienici, prima dell'inizio delle grandi piogge.
Oggi c'è stata la gettata di cemento e la costruzione dei pilastri portanti in cemento armato. Li abbiamo visti lavorare tanto. Sui corridoi esterni dell'ospedale c'era tanta polvere bianca e macchie di cemento fuoriuscito dai carretti. Li abbiamo osservati mentre correvano su e giù con le carriole piene di cemento liquido, e li abbiamo visti rovesciarle sul pavimento che prendeva forma e nei pilastri che salivano verso il cielo.
A fianco della battuta di cemento dove sorgerà la nuova costruzione, altri operai hanno continuato a scavare per depositare le tubature di scarico. La costruzione continua a salire in alto ed a scendere più profondamente nel terreno.
Da parte nostra abbiamo continuato ad operarare, a far partorire ed a servire i nostri malati.Tutti noi sappiamo che il nostro lavoro, in un modo o nell'altro, è solo per loro!
C'è sempre qualcun altro che lavora con noi, anche se non è qui: sono i benefattori, che in Italia raccolgono fondi, in modo che possiamo sia servire che costruire. A tutti loro giunga il nostro ringraziamento e la nostra preghiera.
Certamente, il grande regista di tutto questo è il Signore che ci protegge con la sua Provvidenza, ed a Lui sale il nostro filiale ringraziamento.

Fr Beppe



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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