lunedì 12 ottobre 2015

Malaria

Ieri era domenica, e subito dopo la messa, abbiamo ricevuto una donna incinta di quasi otto mesi mesi. Sudava abbondantemente... un sudore freddo ed inquietante. La cute era completamente madida di acqua gelida, mentre dalla fronte cadevano goccioloni enormi.
La paziente era confusa e straparlava.
La storia clinica era piuttosto lacunosa: secondo i parenti, era sempre stata bene, ma aveva avuto un episodio di metrorragia ieri, seguito poi da rottura intempestiva delle membrane.
L’anamnesi familiare parlava di un periodo di grande stress, causato da un divorzio pochi mesi prima.
Abbiamo misurato la pressione con difficolta’, in quanto la confusione mentale si e’ rapidamente trasformata in agitazione psico-motoria. La pressione arteriosa era imprendibile.
Mentre i laboratoristi prelevavano il sangue per la goccia spessa e per l’emocromo, noi abbiamo disperatamente cercato una vena... operazione difficilissima visto che i vasi erano ormai collassati.
Abbiamo comunque iniziato della fisiologica con dopamina, per cercare di “tenere” il circolo e recuperare un po’ di pressione.
Ma l’agitazione psicomotoria e’ d’un tratto aumentata tantissimo, mentre, con gli occhi sbarrati, la donna e’ entrata in “gasping”.


Abbiamo affannosamente tentato di fare del nostro meglio, con adrenalina in vena, idrocortisone, cannula di mayo in gola e ventilazione con ambu: ma tutto e’ stato inutile. In pochi minuti la paziente se n’e’ andata, lasciandoci costernati e senza forze.
Mentre ancora ci guardavamo l’un l’altro con sguardi persi nel vuoto e con la gola riarsa ed incapace di proferire verbo, e’ ritornato di corsa il nostro laboratorista, il quale ci ha comunicato che la malaria era positiva, metre non c’era anemia.
Ormai comunque era tardi. La malaria si e’ portata via entrambi: un feto di sette mesi e mezzo ed una giovane donna nel rigoglio dei suoi vent’anni.
Devono essere molto poveri, perche’, quando abbiamo comunicato l’accaduto alla madre della defunta, lei ci ha ringraziato per quel che avevamo fatto, e ci ha chiesto di seppellirla nella fossa comune dell’ospedale, in quanto non sarebbe stata in grado di organizzare il funerale a casa.
Ancora malaria: killer dimenticato, assassina dei poveri, steminatore di giovani vite ed anche di bimbi non ancora nati.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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