Ho conosciuto Fr.Beppe
Gaido, medico chirurgo a Chaaria (Meru-Kenya) in servizio attualmente al
Mission Hospital dei fratelli “cottolenghini” della “Piccola Casa” di
Torino,alcuni anni fa.
E l’ho conosciuto per caso attraverso delle toccanti
testimonianze pubblicate periodicamente su ”Il nostro tempo”, il settimanale
culturale cattolico della Diocesi di Torino, di cui per altro Mariapia Bonanate
era, allora, il vice-direttore.
I reportage dal Kenya mi avevano interessato
particolarmente perché, da studentessa universitaria, avevo seguito il lavoro
di un medico missionario del Cuamm di Padova, con il quale era nata
gradualmente un’arricchente amicizia. Medico il mio amico di allora, anch’egli
piemontese, precisamente nativo di Novara, operante in Kenya: tra Wajir prima
e Mandera poi. Zone quelle del nord-est del Paese, frontaliere con la vicina
Somalia, molto difficili allora.
E non diversamente difficili, purtroppo,
ancora oggi da quel che apprendiamo giornalmente dalle agenzie. Scrivo questo
perché l’interesse per il mondo medico missionario c’è sempre stato in me anche
se le scelte di vita successive sono state altre. E questo per motivazioni
legate al periodo storico in cui frequentavo l’università (fine anni ’60 e
primissimi anni’70) e al contesto familiare, che vedevano da parte dei genitori
una ragazza più dedita all’insegnamento, con tanto di famiglia in seguito, che
alla professione medica e, per giunta, da esercitare in Paesi in via di
sviluppo.
Con la pubblicazione di “A un passo dal cuore”, sempre di Gaido e
Bonanate (testimonianza pure essa edita dalla San Paolo), ho cercato, quando è
uscito nelle librerie qualche anno fa, di cercare di completare la conoscenza
di quella realtà che era Chaaria, di cui avevo appreso appena qualche anno
prima su “Il nostro tempo”.
Dedicandomi poi, appena libera dall’insegnamento,
alla costruzione di un blog in internet, in cui poter parlare d’Africa sotto il
profilo storico-politico-sociale-umanitario e, successivamente, aprendomi per
mio conto una pagina su facebook per far conoscere possibilmente anche ad altri
i contenuti del mio blog, ti scopro per caso,e solo alcuni mesi fa, che Fr.
Beppe Gaido ha anch’egli una pagina facebook, che Chaaria ha la sua bella
pagina e anche un blog e un sito tutto suo.
Una scoperta interessante, che mi
porta a contattarli subito con entusiasmo e vivo interesse. Diciamo che, dinanzi
alla scoperta, non mi pare vero che io possa dialogare giornalmente con quel
medico e i suoi collaboratori,di cui appena qualche anno prima avevo letto i resoconti
del suo lavoro in Kenya.
Ecco, dunque, cosa significa un valido utilizzo dei
social network. Ma adesso andiamo a parlare, giustamente, di “Polvere rossa”,
lo splendido libro-testimonianza, scritto a quattro mani da Beppe e Mariapia e
non solo: con la collaborazione discreta e competente di tantissimi amici, che
amano e stimano Fr.Beppe e che hanno voluto, appunto, che il libro assolutamente
andasse in stampa.
“Polvere rossa” ci aggiorna sul percorso compiuto da Chaaria
(Beppe ci arriva dal Tanzania nel lontano 1998 quando è appena un dispensario
privo di tutto) e ci fa incontrare, come nel primo libro, giorno dopo giorno, i
protagonisti di una meravigliosa realizzazione, nata dalla dedizione,
professionalità e generosità di tanti uomini e di tante donne fortemente
motivati. E con loro ovviamente i malati, uomini, donne, neonati, bambini,
adolescenti, che vengono accolti e soccorsi, senza risparmio di forze, a
qualunque ora del giorno e della notte.
Gente semplice quest’ultimi, spesso non
abbiente, impossibilitata a dare anche quel minimo indispensabile che , messo
nell’unico calderone, consentirebbe a Chaaria di camminare con le proprie gambe
e con una modesta discreta autonomia economica.
Trattandosi anche in questo
caso di un quasi-diario il lettore attento si pone in ascolto delle necessità,
dei problemi, quelli che sorgono di norma nel contesto ospedaliero, talora
inaspettatamente, e che si tenta di risolvere alla bene e meglio.
Ma è messo
nelle condizioni di prestare attenzione sopratutto anche agli stati d’animo di
Fr.Beppe e dei suoi collaboratori. E questo sia quando le cose vanno bene che
quando accade esattamente il contrario. Nulla è mai taciuto. Vita e morte.
Una
continua altalena nella quotidianità di Chaaria. Successi, soddisfazioni…certo.
Ma anche insuccessi, sconfitte, momenti di sconforto. Com’è naturale che sia in
tutte le imprese umane.
Ma c’è qualcosa di speciale, comunque, al Mission
Hospital di Chaaria, che fa cancellare in un breve lasso di tempo il negativo.
E’ la fede dei suoi abitanti. Una fede molto speciale, che fa dire a Beppe che
nessuno di coloro che hanno transitato o transitano da Chaaria (pazienti e no)
ne è privo.
Non importa in quale “dio” la persona creda. Cristiano, musulmano,
animista. Non importa. Importante è credere in un “Padre” che veglia sulla tua
persona. E la cosa è decisamente palpabile se ci sforziamo, assieme a chi opera
a Chaaria, di essere dei buoni osservatori. La fede di Fr.Beppe, in
particolare, assieme a quella di molti di coloro che condividono la sua
missione (mi riferisco ai suoi stretti collaboratori), è proprio qualcosa di
straordinario. Direi che è una fede contagiosa. Una fede che nasce da una
spiritualità avvezza ad aprire gli occhi sul dolore tutti i giorni così come
parimenti sulla gratitudine per i doni ricevuti.
Per primo quello della vita. E
cioè di poter essere utile agli altri, proprio grazie ad esso. Ascoltare
Fr.Beppe narrare dei suoi stati d’animo nei diversi momenti del giorno,anche
quando qualcosa non va per il verso giusto, è un’iniezione di fiducia e di
abbandono nelle mani del Padre.
Un invito da lui per tutti. Quali che siano le
vicissitudini in cui lui o noi possiamo essere incappati e, con esse, la
tentazione di una resa, sempre in agguato (la carne è debole) ma che, in fin dei
conti, non ha ragione d’essere proprio mai.
Chaaria è una scuola oltre che un
ospedale. S’impara a ogni istante. Non impara chi proprio non vuol vedere e
ascoltare. “Polvere rossa” è un testo propedeutico a quella “scuola” di vita.
Va assolutamente letto. E non è piaggeria la mia. Persino la
natura-protagonista lì insegna a ogni passo e ci ricorda quanto sia importante
il rispetto assoluto che le dobbiamo.
Luoghi come Chaaria, più o meno fortunati
per presenza o mancanza di infrastrutture e servizi, in Africa ce ne sono
tanti. Lo sappiamo. Ma il miracolo di Chaaria nasce dalla sequela a Cristo
Crocifisso, che si fa testimonianza. Dalla preghiera che diviene agire, fare. E
che ha radici lontane. Parlo di San Giuseppe Cottolengo, che volle nella
“Piccola Casa” che la “carità” fosse al primo posto.
E per “carità” Egli
intendeva la donazione totale di sé ai fratelli meno fortunati, feriti nel
corpo e nello spirito. Parlo, dunque, del famoso quarto voto. Il più difficile
ma, senza dubbio, il più gratificante da mettere in pratica.
Marianna Micheluzzi
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