venerdì 29 gennaio 2016

Pangato più volte e lasciato mezzo morto

Ce lo hanno portato da Meru General Hospital.
E’ chiaramente psichiatrico ed ha due brutte fratture esposte sotto il ginocchio.
La storia che abbiamo raccolto è agghiacciante: si tratta infatti di ferite da machete infertegli da sconosciuti. Chi può essere così crudele da infierire così su un malato di mente?
Fatto sta che la “panga” ha sezionato non solo la cute, ma anche tibia e perone da entrambi i lati. Devono essere stati dei colpi tremendi, inflitti con la chiara intenzione di azzopparlo: chissà chi poteva aver paura di lui!
Il poveretto è chiaramente fuori di testa, ed invece di starsene a letto in attesa dell’intervento, si trascina per l’ospedale “a pancia molle” come se fosse un serpente. Non è violento, e, quando parli con lui e gli chiedi che cosa stia facendo sul pavimento, lui ha sempre delle spiegazioni plausibili: “cerco il bagno; vado a vedere dove danno da mangiare”, ecc.
Oggi lo abbiamo operato, in anestasia generale perchè temevamo che in spinale non avrebbe accettato l’intervento e non avrebbe collaborato.
Non è stato possibile pensare a dei chiodi endomidollari, perchè la frattura era esposta e ci sarebbero stati rischi troppo alti di osteomielite; abbiamo quindi posizionato dei fissatori esterni sulla tibia da entrambi i lati.


Lo abbiamo anche sedato in modo generoso, per evitare che decida di alzarsi e di rovinare in un attimo il lungo lavoro chirurgcico fatto in sala per lui.
Questo ragazzo fa parte di un gruppo di 26 pazienti plurifratturati e mai operati, che ci sono stati trasportati a Chaaria dall’ospedale di Meru.
Le ragioni per cui non sono stati operati precedentemente sono per lo più legate in parte al sovraffollamento di quella struttura, ed in parte anche a motivi economici: i pazienti infatti devono pagare in anticipo per le placche e per le protesi ortopediche...e chi non ha soldi aspetta. Aspettare significa fratture consolidate in posizioni errate, calli ossei anormali e difficoltà chirurgiche che crescono in maniera direttamente proporzionale al tempo intercorso tra la frattura e l’operazione.
Luciano si sta focalizzando sui casi più complessi perchè già ha la sensazione che non riuscirà a finire tutti i pazienti in attesa di intervento e quindi lascerà a me i casi meno complicati
Stiamo lavorando contro il tempo perchè questi 26 pazienti da Meru si aggiungono ad un numero molto elevato di pazienti ortopedici che già erano afferiti a Chaaria a motivo della presenza di Luciano e Toto. La sala è attiva dal mattino alle 7.30 alla sera alle 21; lavoreremo certamente anche domani e domenica, per cercare di smaltire un po’ la congestione della lista d’attesa ed anche il numero di pazienti in reparto...ora siamo nuovamente nella condizione di avere due pazienti per letto.
Siamo davvero stanchi ed a volte ci sentiamo anche un po’ soffocare dalla pressione del lavoro, ma siamo contenti di essere sempre disponibili a chi è più bisognoso ed abbandonato.
Tra l’altro, questo periodo con Luciano e Toto è anche un ulteriore momento formativo per il sottoscritto, e ci stiamo focalizzando soprattutto sui chiodi endomidollari per fratture di femore e di tibia. Credo che, con il numero di interventi che stiamo facendo, sarò ormai indipendente con questa tecnica già dal giorno in cui Luciano e Toto torneranno in Italia.


Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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