giovedì 11 febbraio 2016

Siamo sempre da capo

All’inizio della nostra avventura ospedaliera non avevamo neppure un letto, ed abbiamo iniziato a piazzare delle stuoie qua e la’ nei corridoi e nelle stanze vuote del dispensario.
Poi abbiamo pensato che la prima costruzione che la Piccola Casa di Torino ci ha donato, capiente di circa 40 letti, avrebbe ampiamente coperto il nostro fabbisogno, ma anche allora ci sbagliavamo. 
Abbiamo dovuto scegliere delle brandine molto strette al posto di letti piu’ comodi, e siamo stati costretti ad evitare di offrire ai malati un comodino per poter riempire i cameroni al massimo... ma anche in tal modo pero’ avevamo spessissimo due pazienti per letto.
Poi e’ venuta l’edificazione del grande padiglione che abbiamo dedicato a Madre Nasi. I posti letto sono diventati 160.
Tutti ci dicevano che erano troppi, e che Chaaria stava diventando un ospedale sovradimensionato rispetto al bacino di utenza.
Ma la storia continua a ripetersi anche ora.
Ieri sera avevamo non due, ma tre malati per letto; tutte le barelle degli ambulatori alla notte vengono usate come letto di degenza per decongestionare i padiglioni... e naturalmente non siamo mai riusciti a distanziare lo spazio tra un letto e l’altro: ancora oggi quindi solo nei nuovi reparti di pediatria e maternità abbiamo i comodini.
Nel reparto degli adulti non sappiamo se mai li metteremo, perche’ questo ci farebbe perdere spazio per i letti, letti che anche ora sono insufficienti.


A parte la stanchezza fisica del superlavoro, vi comunico tutto cio’ con una profonda gioia del c uore. Per me l’ospedale pieno e’ un chiaro segno della benedizione e del sostegno del Signore; se Lui non fosse contento di noi, certo saremmo vuoti e la gente fuggirebbe da noi.
Ho saputo di altri ospedali missionari della zona che hanno ricevuto ingentissime donazioni dall’Europa e sono stati ricostruiti dalle fondamenta, con criteri che oserei dire “svizzeri” piu’ che italiani.
Ora, se cosi’ tanta gente ancora ci sceglie, con i nostri letti piccolissimi, con i nostri cameroni supercongesti, con i nostri corridoi dal pavimento in cemento pieno di buchi... sara’ perche’ in noi trova qualcos’altro che non e’ fatto di muratura o di ceramica, ma che probabilmente tocca profondamente il loro cuore.
Quanta gente poi si fa operare a Chaaria! Chissa’ perche’ viene qui per l'intervento?!
Cosa sia quel qualcosa che tocca il cuore della gente ancora non lo comprendo appieno.
Certo il fatto che i nostri prezzi siano molto bassi ha la sua indubbia importanza... ma non credo che sia solo questo.
Non voglio certamente autoincensare Chaaria.
Desidero solamente condividere con voi la gioia che provo nel rendermi conto che “siamo sempre da capo”: i posti in reparto non bastano mai, ed i letti “bis” sono una realta’ quotidiana di cui rendere grazie a Dio che ancora si vuol servire di noi come suoi annunciatori verso i poveri ed i malati.
Che dramma e che depressione sarebbe per noi vedere i nostri padiglioni deserti!
Mi sento in questo al cuore della spiritualita’ di San Giuseppe Cottolengo, il quale ci ricorda che “letti volanti o letti bis lui li ha sempre compresi. Quello che non ha mai accettato sono i letti liberi”.
Ma su questo a Chaaria possiamo veramente dormire sonni tranquilli, perche’ e’ difficilissimo che possa capitare.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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