giovedì 3 marzo 2016

Due notti di fila

E’ davvero pesantissimo quando le chiamate notturne arrivano a raffica ed il giorno seguente non riesci a riposare.
Nella notte tra martedì e mercoledì l’emergenza è arrivata all’una.
Non mi hanno detto che si trattasse di un cesareo. Hanno semplicemente chiamato per una visita di controllo in maternità.
Arrivato in sala parto ho incontrato una delle pochissime partorienti veramente obese: era enorme, non solo a causa del pancione ma anche per il carico adiposo che la appesantiva. 103 chili di peso corporeo.
“La cervice è completamente aperta dalle 23 ma il feto non scende. Abbiamo rotto le membrane e c’è meconio”.
Sono rimasto molto stupito che un’infermiera dell’esperienza di Susan mi abbia chiamato per una visita e non direttamente per il cesareo: è strano e brutto nello stesso tempo, perchè adesso sono già sveglio e la paziente non è pronta per la sala. Mentre aspetto che venga preparata, mi avvio ad accendere i generatori di corrente e vado a svegliare i volontari.
L’angoscia più grande per me era comunque la spinale: temevo davvero che, a causa dell’obesità, avrei fallito l’anestesia ed avrei dovuto svegliare Jesse, perdendo quindi altro tempo nell’attesa che arrivasse.  Stranamente invece la spinale è venuta al primo colpo e la mamma è stata estremamente collaborativa.



Il cesareo invece è risultato difficoltoso, in parte per la mole della paziente.
La donna sanguinava dappertutto e non è stato facile controllare l’emorragia. L’operazione, che normalmente richiede non più di mezz’ora,  è quindi durata circa due ore, ma alla fine è andata bene e ci siamo diretti verso le nostre camere con la gioia di sapere che mamma e bambino stavano bene entrambi.
Di prendere sonno dopo un cesareo così complesso all’una di notte è davvero difficile parlarne: troppa adrenalina in corpo. Ecco quindi che prendi sonno quando ormai è ora di alzarsi e sta per suonare la sveglia. Ti alzi come uno zombi e ti senti a pezzi.
Iniziare a lavorare è veramente dura quando non hai dormito niente.
Rischi di essere nervoso con i pazienti ed irritabile con lo staff.
Eppure la giornata di ieri è stata intensissima ed ho cercato con tutte le forze di affrontare la marea di pazienti e di difficoltà, con il solo scopo di arrivare a sera ed andare a dormire.
Erano le 22.45 quando ho spento la luce in camera...più presto del normale, ma non ce la facevo proprio più, neanche a leggere due pagine di un romanzo poliziesco.
Ho preso sonno all’istante ed ho iniziato a sognare, ma ecco che nuovamente il telefono è venuto a disturbare il riposo di cui tanto avevo bisogno.
Stessa storia della notte precedente, ma stavolta erano le 23.50. Avevo dormito un’ora soltanto.
Si trattava ancora dell’infermiera della maternità, e nuovamente il messaggio era ambiguo.
Dovevo fare un’altra visita di controllo in maternità.
Mentre mi vestivo e mi avviavo verso l’ospedale ho per un attimo sperato che si trattasse di un’ipertensione o di qualche altra situazione in cui sarebbe bastata una prescrizione di pochi minuti.
Invece, nuovamente, l’infermiera della notte mi ha chiesto di valutare una gravida che con un pregresso cesareo, ma che non ricordava la data dell’ultima mestruazione. Malvolentieri mi sono  apprestato a fare l’ecografia: la ritenevo infatti quasi inutile perchè l’addome era enorme e certamente si trattava di una gravidanza a termine.
Dopo l’eco è ricominciata tutta la trafila della notte prima: la donna aveva infatti una disproporzione cefalo pelvica e non avrebbe potuto partorire.
Dopo aver settato i generatori e svegliato nuovamente i volontari, siamo ripartiti con un nuovo cesareo che ci ha tenuti impegnati fino all’una e trenta.
Dopo il cesareo, nuovamente la notte è passata lentamente con poco sonno agitato e tante ore insonni a lottare con il cuscino: è sempre così quando mi svegliano per un intervento nel cuore della notte!
Ed anche oggi abbiamo lavorato molto intensamente, senza un attimo di tregua: l’ultimo cesareo è finito poco prima delle 22.
La speranza è che stanotte non ci chiamino nuovamente, altrimenti sarebbe proprio dura!


Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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