martedì 19 aprile 2016

Le pietre di Chaaria

Alcuni giorni fa abbiamo trovato una pietra completamente nera e piena di piccole granulosità che le davano il vago aspetto di un asteroide.

Dove l'abbiamo trovata?
No, non per strada, ma nella colecisti di una paziente che da tempo aveva fortissime coliche epatiche.
Le abbiamo fatto la colecistectomia ed è andato tutto bene.
Oggi la paziente era pronta ad andare a casa con il suo trofeo in un boccettino pieno di formalina: dice che deve far vedere la pietra a tutte le sue amiche, e che perciò non la può certo buttar via.
Oggi invece abbiamo trovato una pietra un po' più piccola della precedente, di color giallo rosato, ed anche oggi l'abbiamo rimossa e donata al paziente che se la portava nel bacinetto del rene sinistro, ormai prossimo a soffrirne in maniera irreparabile.
Pure quest'uomo soffriva di terribili coliche renali, e certamente avergli tolto il calcolo significa non soltanto avergli salvato il rene, ma certamente aver posto fine ad un grande calvario di sofferenza.
L'operazione di oggi è stata molto più complessa e faticosa della precedente, ma anche oggi è andato tutto per il meglio.


Nuovamente abbiamo messo il prezioso trofeo sotto formalina e lo abbiamo consegnato al paziente, quando finalmente si è svegliato dalla lunga anestesia generale.
Che bello quando riusciamo ad essere utili ed a far del bene agli altri...anche quando costa fatica e siamo davvero stremati.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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