venerdì 15 aprile 2016

Un caso più unico che raro

Tra i vari interventi grandi e piccoli che ci capita di dover fare in questi giorni, un caso veramente peculiare è quello di una bimba di appena tre mesi di vita, con una tumefazione inguinale sinistra dura ed irriducibile.
Dopo aver fatto un'ecografia mi è parso di aver visto una porta erniaria, e, data la posizione ed il sesso della paziente, ho pensato ad un'ernia crurale irriducibile.
Abbiamo quindi deciso per l'intervento chirurgico immediato, nonostante i rischi legati all'anestesia ed al peso corporeo della piccola che era al di sotto dei 5 chilogrammi: la ragione per cui non ci siamo sentiti di aspettare sta proprio nel fatto che la tumefazione fosse irriducibile. Temevamo infatti che, ritardando la chirurgia, avremmo potuto causare danni peggiori... come uno strangolamento di ansia intestinale e conseguente peritonite. Intervenire subito sarebbe stato rischioso certamente, ma aspettare una complicazione come l'ernia strozzzata avrebbe potuto essere mortale.
Fortunatamente l'anestesia non ha dato problemi e la bimba si è risvegliata normalmente dopo la procedura.
La ragione per cui vi racconto questa storia sta nel fatto che in effetti si trattava davvero di un'ernia irriducibile, ma nel sacco non abbiamo trovato anse intestinali come mi sarei aspettato, ma bensì l'utero e la tuba sinistra della paziente.


Ridurre gli organi fuoriusciti non è stato facile a causa della piccolissima porta erniaria femorale, ma ci siamo alla fine riusciti, e quindi abbiamo anche fatto una bella plastica erniaria.
Si tratta comunque di un caso molto particolare e credo assolutamente raro.
Purtroppo non ho avuto la prontezza di farmi portare la macchina fotografica in sala per documentarvi quello che vi ho raccontato, ma so che mi credete sulla parola anche se non vi presento la foto clinica.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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