giovedì 9 giugno 2016

Dove vanno le vostre offerte

Anche oggi in maternita’ abbiamo il solito dilemma.
Continuano ad arrivare nuove donne gravide, e la frequenza dei cesarei e’ decisamente sostenuta.
Il problema e’ che non abbiamo un solo letto libero... anzi, ci sono due o tre pazienti per letto.
Nuovamente mi metto a sfogliare le lettere di dimissione, e mi rendo conto che, per la maggior parte, si tratta di donne ormai dimesse da tempo, ma che nessuno viene a prendere.
E’ una tecnica comune usata dai poco-onesti della nostra zona: le mogli partoriscono senza problemi, ma poi nessuno si fa piu’ vedere in ospedale.
Questa strategia e’ molto comune per i cesarei, dove le spese da coprire per i familiari sarebbero un po’ piu’ alte (anche se a Chaaria sono le piu’ basse di tutto il Meru!).
Le cesarizzate restano dunque in reparto per giorni e giorni; terminano la terapia antibiotica; si fan togliere tutti i punti di sutura; e poi continuano a bivaccare in ospedale per settimane.
E’ una guerra di nervi.
Loro lo sanno benissimo che l’ospedale non le puo’ tenere per lungo tempo perche’ siamo in perenne carenza di posti-letto. E quindi pazientemente attendono... tanto in ospedale hanno tutto! Mangiano in abbondanza, dormono ed allattano la nuova creatura. Qualcuna ha anche il coraggio di lamentarsi che non le offriamo un letto singolo.


Poi viene il momento (come oggi) in cui dovrei porre le nuove puerpere o le operate di fresco sul pavimento... ed allora prendo la decisione di mandare via tutte le pazienti gia’ dimesse da tempo, senza chiedere loro alcun contributo economico... tanto sarebbe inutile; si prolungherebbero solo i giorni in cui ci occupano un letto e mangiano “il pane a tradimento” qui in ospedale.
Oggi dimetto in questo modo almeno cinque pazienti post- parto naturale, e dieci post-cesarizzate.
Molte mi chiederanno addirittura i soldi per il matatu e per comprare una copertina in cui avvolgere il neonato... e certamente glieli daro’, perche’ altrimenti non so piu’ dove ricoverare i nuovi arrivi.
Ecco dove vanno parte delle vostre offerte: noi per questa gente abbiamo speso soldi (medicine, intervento chirurgico o parto, materiale sanitario, cibo, lavanderia, elettricita’, personale da pagare, ecc), ma essi han deciso che non era necessario aiutare i “Bianchi” a coprire queste spese. Noi abbiamo bisogno di far girare i letti... ed ecco che il loro gioco e’ fatto.
Lo so che e’ un racket, e che si tratta di passaparola tra pazienti.
Per non parlare di quelle mamme che addirittura fuggono con il neonato durante l’orario di visita parenti.
Riconosco anche che in questo modo non siamo sicuri se abbiamo aiutato veramente i piu’ pover,i o magari i piu’ scaltri.
Ma e’ inutile lambiccarsi il cervello!
A Chaaria facciamo sempre e solo quello che possiamo... e normalmente non e’ mai sufficiente. Ci vorrebbe un ufficio di assistenza sociale per poter andare a verificare la situazione familiare, al fine di aiutare i poveri e smascherare i furbi. Ma il fatto e’ che questo
ufficio, ed i soldi per metterlo su, non ce li abbiamo.
Per cui facciamo del nostro meglio... e lasciamo il resto al Signore.
D’altra parte io penso sempre che questa gente che ci “frega”, non ruba a noi, ma ruba ai poveri per i quali i soldi erano stati mandati... e siccome nei poveri c’e’ Gesu’, questi scaltri non fanno un torto a me ma a Qualcuno che sta piu’ in alto.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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