martedì 14 giugno 2016

Frattura prossimale di omero


La frattura che vedete nella foto è di una ragazza di 17 anni, come al solito caduta dal mototaxi.
E' una frattura molto difficile e per me molto complessa da trattare, perchè si è verificata molto vicina alla capsula articolare della spalla, al di sotto del muscolo deltoide che è responsabile dei movimenti di abduzione, ed in zona molto pericolosa per il nervo circonflesso.
La paziente è arrivata domenica sera tardi. Lunedì non l'ho messa in lista perchè volevo documentarmi prima di affrontare l'intervento.
Ho inoltre chiesto consiglio al Dr Cara, il quale mi ha seguito passo passo con frequenti messaggi whatsap.
Luciano mi ha indicato i punti salienti dell'operazione, me ne ha ricordato i pericoli...soprattutto mi ha insegnato la tecnica di accesso più idonea per risparmiare con attenzione il nervo circonflesso.
Devo dire che, con mia grande soddisfazione, l'operazione è andata proprio bene: sono riuscito ad identificare e ad isolare il ciconflesso; ho ridotto con attenzione la frattura e poi l'ho fissata con placca e viti.


Oggi, vedendo la ragazza camminare per l'ospedale con la sua doccia gessata al braccio ma senza alcun dolore, mi sono sentito ampiamente ripagato del lungo e stressante lavoro che ci ha permesso di risolvere il suo problema ortopedico.
Non posso non ringraziare di cuore Luciano che mi ha seguito, mi ha incoraggiato ed ancora una volta ha creduto in me: se Luciano mi avesse detto che la frattura era al di sopra delle mie possibilità, io certamente non ci avrei provato.
Ringrazio il Signore per aver potuto aiutare anche questa paziente.
Sono giorni molto complessi in cui non c'è tempo quasi di respirare: le fratture poi sono davvero tante, ma a tutti cerchiamo di dare una risposta.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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